venerdì 20 gennaio 2012

La chioccia e i pulcini d'oro


                                            La chioccia e i pulcini d’oro
                                                          (Leggenda)

 Si narra che nel XIX secolo i banditi solevano sotterrare o nascondere gli oggetti preziosi nonché le monete d’oro e d’argento, frutto delle loro razzie.
 A protezione eseguivano un sacrificio umano, rappresentato di solito da un giovane la cui anima avrebbe fatto morire chiunque avesse tentato di trafugare il tesoro. Non lontano dall’antico nostro Castello di S. Martino, fin dagli anni ’50, in un grosso muro si scorgevano le impronte di tre pentole. Si vuole che fossero piene d’oro e che due coniugi le avessero scoperte divenendo ricchi.
 Sul luogo si aggirava, secondo la leggenda, anche una chioccia con sette pulcini d’oro che soltanto le anime semplici potevano vedere.
 Dal racconto di nonna Annunziata Presterà, ultima erede della collina dove sorgeva lo storico maniero, sapevo che si nascondevano lì, fra quei ruderi.
 La leggenda è abbastanza nota e non solo da noi.
 Si tramanda, così, che nella distrutta città di Mesiano un ricco signore, nemico della religione, allorquando «si sentì in fin di vita, volendo serbare la sua antica usanza di far male a tutti e di recar bene a nessuno, chiamò una fata e le affidò tutti i suoi tesori, incaricandola di chiudere in mezzo al sasso una chioccia e tredici pulcini d’oro, che soltanto escono il giorno di Pasqua, ed invisibili vanno correndo fra le erbe e le spine che fanno corona al macigno. Ognuno poi può impadronirsene, purché osservi le seguenti prescrizioni: Deve levarsi ben per tempo la mattina. Al sorgere del sole però gli converrà mettersi al lavoro e prendere del lino in tanta quantità, quanto basti a fare una salvietta. Quindi dovrà scardassarlo, filare, biancheggiare, tessere ed infine, compita la salvietta, legarvi dentro del pane di granturco e mangiarlo seduto sulla pietra».
 (Da: La Calabria - Rivista di letteratura popolare - Monteleone - Leggenda di Ionadi, del 5 ottobre 1893).
                           
(Estratto da: Domenico Caruso, La nostra storia -  pubblicata sul mensile La Piana - Palmi-RC, Anno VII n. 2  - Febbraio 2008).                     
                  
    

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