sabato 28 dicembre 2019

Il terremoto del 28 dicembre 1908


Il terremoto del 28 dicembre 1908

Il 28 dicembre 1908 un catastrofico terremoto di magnitudo 7,1 della Scala Richter (11° grado della Scala Mercalli) rase al suolo Reggio Calabria e Messina.
Una scossa sismica di circa 40 secondi si verificò alle ore 05:20 nello Stretto di Messina, tanto violenta da provocare un’immensa frana sottomarina che generò uno tsunami con onde alte più di dieci metri. A Messina su 140.000 abitanti ne morirono 80.000, a Reggio Calabria su 45.000 ne perirono 15.000. I sopravvissuti che si erano ammassati sulle rive del mare furono risucchiati miseramente dallo tsunami.
Altre 25.000 vittime vi furono nei Comuni vicini all’epicentro in Sicilia e Calabria.
Anche nei nostri paesi della Piana di Gioia Tauro vi furono morti e feriti.

Il Comune di Jatrinoli (ora Taurianova) fu lievemente colpito, ma più tardi (come altrove) insorse un’epidemia vaiolosa per le malandate condizioni igieniche del paese.
Mio padre, Rocco Caruso, che all’epoca aveva quattro anni, in una sua pubblicazione fa presente la protezione del nostro San Martino apparso ai fedeli più degni.
Così, un devoto onesto lavoratore, tal Domenico Monteleone “il Baronello”, trovandosi durante il sisma in casa, nel notare l’abitazione crollare invocò a gran voce il Santo affinché gli preservasse la vita. Allora, come per miracolo si trovò incolume a cavalcioni su una trave. Imbrattato di calcinacci scese, quindi, dal singolare ripostiglio ed accanto alla casa distrutta s’inginocchiò e chiese perdono dei peccati al Signore, promettendo di condurre per l’avvenire una vita migliore.

È ben vero che soltanto nei pericoli si ricorda di Dio.
Il “Salmo 3” è sempre attuale e ci conforta:
 «Ma Tu sei mio scudo Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna».

Nella foto: S. Martino (RC) - Anno 1913: La piazza dopo il sisma del 1908.
Al centro, davanti alla chiesa, il calzolaio mastro Tomasi Tigani. (Foto di Rocco Caruso)

lunedì 11 novembre 2019

Il povero e il mantello di S. Martino


REGGIO CALABRIA 

Il povero e il mantello di S. Martino
Il racconto di Domenico Caruso

Redazione
Il 11 Novembre 2019

Navigando su Internet ed in particolare su Facebook si leggono tante fantasiose versioni riguardanti S. Martino, Protettore del nostro omonimo paese del Comune di Taurianova (che si festeggia in data odierna) e il dono del mantello.
Riporto dalla mia ricerca storica pubblicata su “Martino di Tours – Il Santo della Carità” – edita nel novembre 2007:
«Il compito di “circitor” consisteva nel servizio notturno di ronda per l’ispezione dei posti di guardia e di sorveglianza delle guarnigioni.
Come testimonia Sulpicio Severo:
«Così, un giorno in cui non aveva con sé nulla all’infuori delle armi e del solo mantello militare, nel pieno di un inverno che, più aspro del solito, faceva rabbrividire, e a tal punto che l’intensità del freddo mieteva moltissime vittime, si imbatte presso la porta di Amiens in un povero nudo. Mentre questi pregava i passanti di aver compassione di lui e tutti passavano oltre allo sventurato, quell’uomo pieno di Dio si rese conto che il povero, al quale gli altri non accordavano misericordia, era riservato a lui.
Eppure, che cosa avrebbe potuto fare? Egli non possedeva nulla oltre la clamide che indossava: aveva già consumato tutto il resto in un’opera dello stesso genere. Così, afferrata la spada che portava al fianco, taglia la veste a metà e ne porge una parte al mendicante, mentre lui si ricopre con l’altra. In quel mentre fra i presenti alcuni si misero a sghignazzare, perché appariva ridicolo con la veste tagliata; al contrario molti, meno sconsiderati si rammaricavano assai profondamente per non aver compiuto loro niente di simile: loro che, possedendo evidentemente di più, avrebbero potuto rivestire il povero senza spogliare se stessi».
Naturalmente, il gesto è emblematico.
Il mantello faceva parte dell’uniforme imperiale ed il soldato romano non poteva distruggerlo. Magari Martino avrebbe donato al mendicante la fodera in pelle di pecora (sostengono Beretta e Broli ne “Le bugie della Chiesa” – Piemme), lasciando intatta la parte esterna, e così la sua divisa non sarebbe stata da buttar via.
Sulpicio, il biografo del Santo, non precisa sufficientemente il gesto che – comunque – rispecchia l’amore di Martino verso il prossimo.
L’universalità del Santo è stata affermata da Giovanni Paolo II a Tours nel 1996 (XVI centenario della morte dell’eccelso Santo) il quale – dopo aver percorso il cammino spirituale dell’“Uomo di preghiera che si lasciò completamente prendere da Cristo”, ha dichiarato: «Lui, che fu uno dei fondatori del monachesimo d’Occidente, si preoccupò di avere al suo fianco, vicino a Tours, una comunità monastica per condurre una vita di lode alla gloria di Dio e praticare le virtù cristiane, in particolare il perdono ricevuto e concesso.
Evangelizzatore dei villaggi e delle campagne, Martino fu un fondatore la cui opera sussiste ai nostri giorni come appello a diffondere il Vangelo fino ai confini della Terra».
Quindi, vada bene la donazione del mantello, ma la grandezza del nostro Protettore, definito il “Tredicesimo Apostolo”, è l’aver restituito dignità al povero con l’esempio e con l’insegnamento evangelico, come pure la distruzione dei templi pagani.
Oltre undicimila parrocchie nel mondo sono state a lui dedicate specialmente in Francia, Belgio e Italia. Dappertutto vi sono località (più di 500 solo in Francia) che si onorano del suo nome e dove i fedeli elevano incessantemente il loro inno di ringraziamento per i miracoli ricevuti.
Sulle orme del Divino Maestro, ribadisco, il nostro Patrono è un fulgido esempio di carità, di preghiera e di parola. Il suo messaggio sempre attuale, ci ricorda che per amare Dio si deve necessariamente passare attraverso l’amore del prossimo.
Domenico Caruso

https://www.approdonews.it/giornale/il-povero-e-il-mantello-di-s-martino

martedì 29 ottobre 2019

A Mamma Natuzza


        A Mamma Natuzza

Mamma Natuzza un dì da voi io venni
a Paravati in cerca di conforto,
l’Angelo mio con celesti accenni:
- Cristo - disse - per noi, Cristo è Risorto! -

Di perdonare gli altri già ritenni
quello che agli occhi miei sembrava storto:
offrir le pene a Dio allor convenni
senza che alcuno ne subisse torto.

Natuzza amata, con il vostro aiuto
del Paradiso s’apriran le porte:
la vita acquisterà giusto valore.

Bisogna opporre al male un gran rifiuto
per debellar così la mala sorte…
e sulla Terra regnerà l’amore.