sabato 16 giugno 2018

Papa Leone II



Reggio Calabria - redazione - Il 16 giugno 2018  


Papa Leone II, il calabrese del “segno di pace”
Riflessione di Domenico Caruso sul pontefice cui è stata intitolata una via a San Martino, frazione di Taurianova

La toponomastica è una disciplina affascinante e complessa, legata alla storia - alla geografia e alle altre materie di studio.
Oltre ai documenti scritti, la nomenclatura si basa sulle tradizioni orali dalle quali spesso si scoprono informazioni utili che invitano all’approfondimento e favoriscono la ricerca. Ad esempio, nel nostro paese S. Martino di Taurianova una strada adiacente alla via provinciale (corso Garibaldi) reca il nome di Papa Leone II (esattamente, “Via S. Leone”).
Le scarse notizie riguardanti le origini del Pontefice ci sottopongono ad una domanda: «Perché i nostri avi hanno scelto il termine inusuale fra la molteplicità a disposizione?». Evidentemente, risiedevano sul posto persone istruite che conoscevano molto bene il nostro glorioso passato.
Sappiamo, infatti, che siciliani e calabresi si contendono il luogo di provenienza dell’illustre personaggio che la Chiesa venera come santo.
Ho fatto presente, sui più autorevoli portali web, la nota di Tommaso Aceti che afferma testualmente: “Leone il giovane” - «Cioè Leone II, che successe ad Agatone… Quantunque sia detto siculo, fu certamente di Reggio, nato nella valle dei Salini, comunemente Piana di San Martino». (Cfr. Gabriele Barrio - “Antichità e luoghi della Calabria” - Cap. IV - Uomini di Reggio eccellenti per dignità e dottrina - pag. 335 - Roma 1737 - Per le Ediz. Brenner, CS - 1979).
Padre Silvestro - Pietro Morabito, nel suo libro “I Papi calabresi nella storia e nella tradizione” (V. Ursini Editore - CZ, 1996) riporta quanto sostiene Spanò Bolani (“Storia di Reggio Cal., Vol. I, Napoli 1897): «Come i Bizantini, perduto l’effettivo dominio dell’isola di Sicilia, volevano il conforto di conservarselo in titolo, cominciando a chiamar la Calabria Sicilia, onde in questo nome di Sicilia tornarono a confondersi le due contrade». E’ un’ulteriore conferma della nostra ipotesi sulle origini del Papa.
Figlio di Paolo Menejo, Leone vestì l’abito canonico regolare nel Monastero di Bagnara, una vocazione tardiva essendo già medico ed esperto in greco e latino.
Nel “Liber Pontificalis” si asserisce che fosse: "Vir eloquentissimus, in divinis scripturis sufficienter instructus, greca latinaque lingua eruditus". Nello stesso si esalta la capacità nel canto e nella salmodia: "Cantelena ac psalmodia praecipuus et in earum sensibus subtilissima exercitatione limatus".
Ed ancora: “Era amico dei poveri, ai quali prodigava, coi soccorsi spirituali della pietà, tutti i soccorsi temporali che gli procurava la sua fatica”.
Compose inni sacri, musicò i salmi e, probabilmente, fece parte o guidò la “Schola cantorum” lateranense.
Tali doti avranno contribuito alla sua elezione papale.
Succeduto alla morte di Agatone nel 681, Leone ratificò le decisioni del VI Concilio ecumenico di Costantinopoli traducendo egli stesso i documenti greci in latino.
Venne condannata l’eresia monotelita di Onorio I che favorì per negligenza e, per editto dell’imperatore Costantino IV, fu stabilita la dipendenza della sede vescovile di Ravenna da quella di Roma.
In seguito - fra l’altro -  introdusse nella celebrazione della Messa il “bacio della pace”, istituì l’aspersione dell’acqua benedetta nei riti cristiani e sul popolo, ordinò che in caso di necessità chiunque e in ogni tempo potesse battezzare. A lui si deve pure la consacrazione della Basilica di S. Paolo.
Morì il 3 luglio 683 e fu sepolto in S. Pietro. E’ venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.
Con le recenti riforme la festa di Papa Leone è scomparsa dalla Chiesa universale e dal “Proprium” romano.
Nella sua tomba (riporta Padre Silvestro nella suddetta opera) sta scritto:
«Qui riposa Leone! / Forse il nome ti spaventa? / Ma non scuote l’orribile criniera, / né il truce volto incute paura, / né la bocca emana terribili ruggiti. / Nulla ha del leone, possiede invece / una forbitezza del dire ed una / ineguagliabile squisitezza d’animo. / Gaio è il suo volto, / brillante il suo comportamento, / limpida la sua fedeltà nei retti principi, / amante della bellezza interiore. […] Intenditor di canto, / le melodie abbellisce / e agli inni sacri dà miglior dolcezza. […] Mentre concepisce e medita / grandi idee, lascia la terra. / Aveva regnato non più di dieci mesi / e diciannove giorni, arbitro delle cose / del mondo. / Risplende la sua santità / anche nelle ceneri».
E’ un vanto del nostro territorio l’appartenenza dell’eccezionale Pontefice, dolce poeta e musico sacro, che nella sua breve esistenza chiuse lo scisma di Ravenna e diede alla Chiesa un meritato splendore.

http://www.approdonews.it/giornale/?p=304906





mercoledì 13 giugno 2018

Luigi Lilio, riformatore del calendario



Luigi Lilio, riformatore del calendario 
Domenico Caruso ci porta alla scoperta del medico, matematico ed astronomo di Cirò

Redazione - Il 13 giugno 2018
di Domenico Caruso

“Turpe est in Patria vivere et patriam ignorare” (Plinio il Vecchio)      

Luigi Lilio (Aloysius Lilius), medico – matematico e astronomo, nacque a Cirò (vicino Crotone) nel 1510. Ideò la riforma del calendario promulgata da Papa Gregorio XIII (da cui prese il nome) nel 1582.
Trascorse alcuni anni a Napoli dove, fra l’altro, condusse i corsi superiori di medicina. Il suo destino appare strettamente legato a quello del fratello Antonio, col quale condivise la formazione umanistica e gli altri studi. Nella città partenopea entrambi frequentarono i Carafa (Conti di Santa Severina) ed entrarono in contatto con molti intellettuali calabresi, provenienti dall’Accademia Cosentina.

Quella del calendario fu una delle più importanti modifiche del Rinascimento italiano, ideata da Luigi e portata avanti a Roma nella seconda metà del XVI secolo da un gruppo di calabresi guidati dal Cardinale Guglielmo Sirleto. Prima di allora, per oltre 1600 anni, ogni attività veniva regolata dal Calendario Giuliano (introdotto da Giulio Cesare nel 45 a.C.).

L’astronomo e matematico Dionysius Exiguus (Dionigi il Piccolo) aveva attribuito al Tempo una dimensione mistica, come affermò riguardo alla data di Pasqua: «Essa va calcolata come illuminazione dello Spirito Santo».
Da questa concezione nacque, grazie a Luigi Lilio, il nostro Calendario universale.
Essendo il simbolo dell’anno un serpente circolare che si rinnova mordendosi la coda, nei paesi occidentali la rigenerazione avviene la mezzanotte del primo gennaio.
Il periodo fondamentale rimane pur sempre la ricorrenza della Pasqua che registra varie vicissitudini. 

Prima del Concilio di Nicea (fra i secoli III e IV) la Pasqua era diventata il centro dell’intero ciclo annuale, dilatandosi in 50 giorni (“pentekosté”) trascorsi come un solo grande giorno.
Per la Chiesa cattolica il calendario assunse un particolare significato nel momento in cui dovette calcolare con esattezza la data della più importante festa.
L’origine della solennità cristiana, che si ricollega a quella ebraica, esalta il sacrificio di Gesù il quale, dopo la crocifissione, risorge per riscattare l’uomo dal peccato originale. Il nome, derivante dall’aramaico “Pasah” (“passare oltre”), in ricordo dell’attraversamento del Mar Rosso da parte di Israele, può anche significare “saltar oltre” a memoria della fatale notte in cui Yahweh oltrepassò le case degli Israeliti in Egitto non protette dal sangue, salvando i primogeniti da sicura morte.
Fin dal II secolo la Chiesa decise di trasformare la Pasqua, che veniva celebrata ogni domenica, in una festa mobile annuale.

Il grande problema astronomico-confessionale, che il nostro personaggio dovette affrontare, fu posto quando il Concilio di Nicea stabilì che la ricorrenza sarebbe stata celebrata la prima domenica dopo il plenilunio di primavera.
Ma presto si evidenziò che l’anno solare risultava più lungo di 11 minuti e 14 secondi, per cui ogni 128 anni si sommava un giorno in più (13 giorni nel 1500).
Nel tentativo di risolvere il rompicapo, astronomi e matematici delle varie epoche si cimentarono invano.

A tal punto, fu Lilio a proporre di calcolare l’anno solare in base alle Tavole Alfonsine per cui la sua durata risultò essere di 365 giorni, 5 ore, 49 minuti e 12 secondi. Si pensò, quindi, di ricondurre l’equinozio di primavera al 21 marzo, eliminando dieci giorni e sopprimendo il bisesto a tutti gli anni centenari non multipli di 400 (gli anni centenari venivano così calcolati ad eccezione di quelli le cui prime cifre erano divisibili per quattro – 1700, 1800, 1900 – mentre il 2000 era considerato a cadenza normale).

Sfortunatamente Lilio non poté seguire gli sviluppi perché morì nel 1576, dopo una grave malattia. Nel 1577 il fratello minore Antonio Lilio presentò il lavoro a Papa Gregorio XIII che lo accolse con gratitudine. Come segno di ringraziamento il Pontefice concesse ad Antonio il diritto esclusivo di pubblicare il calendario per un periodo di dieci anni. Il progetto fu così portato avanti dal fratello il quale figura scolpito nel bassorilievo del mausoleo di Gregorio XIII, situato della Basilica Vaticana, dove Antonio genuflesso porge al pontefice il libro del nuovo calendario. Dell’opera di Luigi, originariamente raccolta sotto forma di manoscritto, rimane solo un “Compendium” (sintesi) stampato nel 1577.

All’illustre conterraneo fu dedicato un cratere della Luna e un asteroide.
Nel 2012 la Regione Calabria istituì la “Giornata del Calendario” in memoria del geniale personaggio, fissandola per il 21 marzo di ogni anno.

Sarebbe auspicabile e legittimo che si avanzasse la proposta di ripristinare il termine “liliano” al calendario che dalla morte del Pontefice fu definito “gregoriano”.
Con tale speranza la Calabria aspetta!

http://www.approdonews.it/giornale/?p=304494