REGGIO CALABRIA
Il povero e il mantello di S. Martino
Il racconto di Domenico Caruso
Redazione
Il 11 Novembre 2019
Navigando su Internet ed in particolare su Facebook si
leggono tante fantasiose versioni riguardanti S. Martino, Protettore del nostro
omonimo paese del Comune di Taurianova (che si festeggia in data odierna) e il
dono del mantello.
Riporto dalla mia ricerca storica pubblicata su “Martino di Tours – Il Santo della Carità” – edita nel novembre 2007:
«Il compito di “circitor” consisteva nel servizio notturno di ronda per l’ispezione dei posti di guardia e di sorveglianza delle guarnigioni.
Come testimonia Sulpicio Severo:
«Così, un giorno in cui non aveva con sé nulla all’infuori delle armi e del solo mantello militare, nel pieno di un inverno che, più aspro del solito, faceva rabbrividire, e a tal punto che l’intensità del freddo mieteva moltissime vittime, si imbatte presso la porta di Amiens in un povero nudo. Mentre questi pregava i passanti di aver compassione di lui e tutti passavano oltre allo sventurato, quell’uomo pieno di Dio si rese conto che il povero, al quale gli altri non accordavano misericordia, era riservato a lui.
Eppure, che cosa avrebbe potuto fare? Egli non possedeva nulla oltre la clamide che indossava: aveva già consumato tutto il resto in un’opera dello stesso genere. Così, afferrata la spada che portava al fianco, taglia la veste a metà e ne porge una parte al mendicante, mentre lui si ricopre con l’altra. In quel mentre fra i presenti alcuni si misero a sghignazzare, perché appariva ridicolo con la veste tagliata; al contrario molti, meno sconsiderati si rammaricavano assai profondamente per non aver compiuto loro niente di simile: loro che, possedendo evidentemente di più, avrebbero potuto rivestire il povero senza spogliare se stessi».
Riporto dalla mia ricerca storica pubblicata su “Martino di Tours – Il Santo della Carità” – edita nel novembre 2007:
«Il compito di “circitor” consisteva nel servizio notturno di ronda per l’ispezione dei posti di guardia e di sorveglianza delle guarnigioni.
Come testimonia Sulpicio Severo:
«Così, un giorno in cui non aveva con sé nulla all’infuori delle armi e del solo mantello militare, nel pieno di un inverno che, più aspro del solito, faceva rabbrividire, e a tal punto che l’intensità del freddo mieteva moltissime vittime, si imbatte presso la porta di Amiens in un povero nudo. Mentre questi pregava i passanti di aver compassione di lui e tutti passavano oltre allo sventurato, quell’uomo pieno di Dio si rese conto che il povero, al quale gli altri non accordavano misericordia, era riservato a lui.
Eppure, che cosa avrebbe potuto fare? Egli non possedeva nulla oltre la clamide che indossava: aveva già consumato tutto il resto in un’opera dello stesso genere. Così, afferrata la spada che portava al fianco, taglia la veste a metà e ne porge una parte al mendicante, mentre lui si ricopre con l’altra. In quel mentre fra i presenti alcuni si misero a sghignazzare, perché appariva ridicolo con la veste tagliata; al contrario molti, meno sconsiderati si rammaricavano assai profondamente per non aver compiuto loro niente di simile: loro che, possedendo evidentemente di più, avrebbero potuto rivestire il povero senza spogliare se stessi».
Naturalmente, il gesto è emblematico.
Il mantello faceva parte dell’uniforme imperiale ed il soldato romano non poteva distruggerlo. Magari Martino avrebbe donato al mendicante la fodera in pelle di pecora (sostengono Beretta e Broli ne “Le bugie della Chiesa” – Piemme), lasciando intatta la parte esterna, e così la sua divisa non sarebbe stata da buttar via.
Sulpicio, il biografo del Santo, non precisa sufficientemente il gesto che – comunque – rispecchia l’amore di Martino verso il prossimo.
L’universalità del Santo è stata affermata da Giovanni Paolo II a Tours nel 1996 (XVI centenario della morte dell’eccelso Santo) il quale – dopo aver percorso il cammino spirituale dell’“Uomo di preghiera che si lasciò completamente prendere da Cristo”, ha dichiarato: «Lui, che fu uno dei fondatori del monachesimo d’Occidente, si preoccupò di avere al suo fianco, vicino a Tours, una comunità monastica per condurre una vita di lode alla gloria di Dio e praticare le virtù cristiane, in particolare il perdono ricevuto e concesso.
Evangelizzatore dei villaggi e delle campagne, Martino fu un fondatore la cui opera sussiste ai nostri giorni come appello a diffondere il Vangelo fino ai confini della Terra».
Quindi, vada bene la donazione del mantello, ma la grandezza del nostro Protettore, definito il “Tredicesimo Apostolo”, è l’aver restituito dignità al povero con l’esempio e con l’insegnamento evangelico, come pure la distruzione dei templi pagani.
Oltre undicimila parrocchie nel mondo sono state a lui dedicate specialmente in Francia, Belgio e Italia. Dappertutto vi sono località (più di 500 solo in Francia) che si onorano del suo nome e dove i fedeli elevano incessantemente il loro inno di ringraziamento per i miracoli ricevuti.
Sulle orme del Divino Maestro, ribadisco, il nostro Patrono è un fulgido esempio di carità, di preghiera e di parola. Il suo messaggio sempre attuale, ci ricorda che per amare Dio si deve necessariamente passare attraverso l’amore del prossimo.
Domenico Caruso
Il mantello faceva parte dell’uniforme imperiale ed il soldato romano non poteva distruggerlo. Magari Martino avrebbe donato al mendicante la fodera in pelle di pecora (sostengono Beretta e Broli ne “Le bugie della Chiesa” – Piemme), lasciando intatta la parte esterna, e così la sua divisa non sarebbe stata da buttar via.
Sulpicio, il biografo del Santo, non precisa sufficientemente il gesto che – comunque – rispecchia l’amore di Martino verso il prossimo.
L’universalità del Santo è stata affermata da Giovanni Paolo II a Tours nel 1996 (XVI centenario della morte dell’eccelso Santo) il quale – dopo aver percorso il cammino spirituale dell’“Uomo di preghiera che si lasciò completamente prendere da Cristo”, ha dichiarato: «Lui, che fu uno dei fondatori del monachesimo d’Occidente, si preoccupò di avere al suo fianco, vicino a Tours, una comunità monastica per condurre una vita di lode alla gloria di Dio e praticare le virtù cristiane, in particolare il perdono ricevuto e concesso.
Evangelizzatore dei villaggi e delle campagne, Martino fu un fondatore la cui opera sussiste ai nostri giorni come appello a diffondere il Vangelo fino ai confini della Terra».
Quindi, vada bene la donazione del mantello, ma la grandezza del nostro Protettore, definito il “Tredicesimo Apostolo”, è l’aver restituito dignità al povero con l’esempio e con l’insegnamento evangelico, come pure la distruzione dei templi pagani.
Oltre undicimila parrocchie nel mondo sono state a lui dedicate specialmente in Francia, Belgio e Italia. Dappertutto vi sono località (più di 500 solo in Francia) che si onorano del suo nome e dove i fedeli elevano incessantemente il loro inno di ringraziamento per i miracoli ricevuti.
Sulle orme del Divino Maestro, ribadisco, il nostro Patrono è un fulgido esempio di carità, di preghiera e di parola. Il suo messaggio sempre attuale, ci ricorda che per amare Dio si deve necessariamente passare attraverso l’amore del prossimo.
Domenico Caruso
https://www.approdonews.it/giornale/il-povero-e-il-mantello-di-s-martino
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