Riflessione di Domenico Caruso sul pontefice
cui è stata intitolata una via a San Martino, frazione di Taurianova
La toponomastica
è una disciplina affascinante e complessa, legata alla storia - alla geografia
e alle altre materie di studio.
Oltre ai
documenti scritti, la nomenclatura si basa sulle tradizioni orali dalle quali
spesso si scoprono informazioni utili che invitano all’approfondimento e
favoriscono la ricerca. Ad esempio, nel nostro paese S. Martino di Taurianova
una strada adiacente alla via provinciale (corso Garibaldi) reca il nome di
Papa Leone II (esattamente, “Via S. Leone”).
Le scarse
notizie riguardanti le origini del Pontefice ci sottopongono ad una domanda:
«Perché i nostri avi hanno scelto il termine inusuale fra la molteplicità a
disposizione?». Evidentemente, risiedevano sul posto persone istruite che
conoscevano molto bene il nostro glorioso passato.
Sappiamo,
infatti, che siciliani e calabresi si contendono il luogo di provenienza
dell’illustre personaggio che la Chiesa venera come santo.
Ho fatto
presente, sui più autorevoli portali web, la nota di Tommaso Aceti che afferma
testualmente: “Leone il giovane” - «Cioè Leone II, che successe ad Agatone…
Quantunque sia detto siculo, fu certamente di Reggio, nato nella valle dei
Salini, comunemente Piana di San Martino». (Cfr. Gabriele Barrio - “Antichità e
luoghi della Calabria” - Cap. IV - Uomini di Reggio eccellenti per dignità e
dottrina - pag. 335 - Roma 1737 - Per le Ediz. Brenner, CS - 1979).
Padre Silvestro
- Pietro Morabito, nel suo libro “I Papi calabresi nella storia e nella
tradizione” (V. Ursini Editore - CZ, 1996) riporta quanto sostiene Spanò Bolani
(“Storia di Reggio Cal., Vol. I, Napoli 1897): «Come i Bizantini, perduto
l’effettivo dominio dell’isola di Sicilia, volevano il conforto di
conservarselo in titolo, cominciando a chiamar la Calabria Sicilia, onde in
questo nome di Sicilia tornarono a confondersi le due contrade». E’
un’ulteriore conferma della nostra ipotesi sulle origini del Papa.
Figlio di Paolo
Menejo, Leone vestì l’abito canonico regolare nel Monastero di Bagnara, una
vocazione tardiva essendo già medico ed esperto in greco e latino.
Nel “Liber Pontificalis” si
asserisce che fosse: "Vir eloquentissimus, in divinis
scripturis sufficienter instructus, greca latinaque lingua eruditus".
Nello stesso si esalta la capacità nel canto e nella salmodia: "Cantelena
ac psalmodia praecipuus et in earum sensibus subtilissima exercitatione
limatus".
Ed ancora: “Era
amico dei poveri, ai quali prodigava, coi soccorsi spirituali della pietà,
tutti i soccorsi temporali che gli procurava la sua fatica”.
Compose inni
sacri, musicò i salmi e, probabilmente, fece parte o guidò la “Schola cantorum”
lateranense.
Tali doti
avranno contribuito alla sua elezione papale.
Succeduto alla
morte di Agatone nel 681, Leone ratificò le decisioni del VI Concilio ecumenico
di Costantinopoli traducendo egli stesso i documenti greci in latino.
Venne condannata
l’eresia monotelita di Onorio I che favorì per negligenza e, per editto
dell’imperatore Costantino IV, fu stabilita la dipendenza della sede vescovile
di Ravenna da quella di Roma.
In seguito - fra
l’altro - introdusse nella celebrazione
della Messa il “bacio della pace”, istituì l’aspersione dell’acqua benedetta
nei riti cristiani e sul popolo, ordinò che in caso di necessità chiunque e in
ogni tempo potesse battezzare. A lui si deve pure la consacrazione della Basilica
di S. Paolo.
Morì il 3 luglio
683 e fu sepolto in S. Pietro. E’ venerato come santo dalla Chiesa cattolica e
da quella ortodossa.
Con le recenti
riforme la festa di Papa Leone è scomparsa dalla Chiesa universale e dal
“Proprium” romano.
Nella sua tomba
(riporta Padre Silvestro nella suddetta opera) sta scritto:
«Qui riposa
Leone! / Forse il nome ti spaventa? / Ma non scuote l’orribile criniera, / né
il truce volto incute paura, / né la bocca emana terribili ruggiti. / Nulla ha
del leone, possiede invece / una forbitezza del dire ed una / ineguagliabile
squisitezza d’animo. / Gaio è il suo volto, / brillante il suo comportamento, /
limpida la sua fedeltà nei retti principi, / amante della bellezza interiore.
[…] Intenditor di canto, / le melodie abbellisce / e agli inni sacri dà miglior
dolcezza. […] Mentre concepisce e medita / grandi idee, lascia la terra. /
Aveva regnato non più di dieci mesi / e diciannove giorni, arbitro delle cose /
del mondo. / Risplende la sua santità / anche nelle ceneri».
E’ un vanto del
nostro territorio l’appartenenza dell’eccezionale Pontefice, dolce poeta e
musico sacro, che nella sua breve esistenza chiuse lo scisma di Ravenna e diede
alla Chiesa un meritato splendore.
http://www.approdonews.it/giornale/?p=304906
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