“Sulle orme di Gesù”
Lo scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880) ha sostenuto: «Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come fanno gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere”.
L’invadenza dei social ha segnato il declino etico e morale della comunicazione, provocando la decadenza dei media tradizionali e in particolare della carta stampata che aveva contribuito alla formazione culturale della società.
Ma la magia del libro trasmette ancora emozioni e aiuta a comprendere noi stessi.
“Il pellegrino russo”, che per tredici anni camminò sulle strade sovietiche vivendo d’elemosina, dopo aver distribuito ai poveri i suoi averi, prese soltanto una sacca dove mise un po’ di pane secco e la Bibbia, il libro per eccellenza.
Il teologo e filosofo David Maria Turoldo (1916-1992) ha affermato: «Lo scrivere è confessarsi, è donarsi; scrivere è liberarsi».
Anche per me, dopo l’insegnamento, lo scrivere ha rappresentato un momento di riflessione e di sano relax.
Con l’ultima opera “Sulle orme di Gesù” ho messo in risalto la figura del Divino Maestro che ha restituito la dignità agli umili rimanendo fedele al Padre Celeste fino alla morte. E’ nel Vangelo la strada da percorrere per una serena esistenza avendo solo Cristo dato valore ad ogni persona.
Ancora non è ben chiaro a tanti fedeli che l’amore comporta sacrificio, come ha dimostrato Gesù sulla croce che pur soffrendo era spiritualmente tranquillo.
Come Cristo, anche gli asceti (cfr.
“Il pellegrino russo”) ed i nostri avi invitano ad anteporre la preghiera alle
nostre azioni. Per la sua vita spirituale il cristiano ha bisogno dell’orazione
come il suo corpo ha bisogno dell’acqua e dell’aria. Il fondamento della
preghiera è rappresentato dall’umiltà di cuore, dal pentimento e da una solida
fede nei momenti di prova e di dolore.
Una sezione della mia opera è
riservata alle virtù teologali che rappresentano il dono gratuito che ci viene
offerto nel Battesimo. E’ importante anche considerare i Novissimi, come
richiede la liturgia: a che varrebbe, infatti, conquistare il mondo se poi si
dovesse perdere la propria anima?
Il sentimento religioso del passato è
particolarmente espresso nella Via Crucis che ci riporta al più controverso
processo della storia. L’accusa infondata degli Ebrei deriva dal fenomeno
dell’antisemitismo.
Fra i “Grandi Temi” dell’uomo
trattati emergono i valori della vita, il destino e il libero arbitrio, la religione
e la superstizione, l’esortazione socratica “Conosci te stesso” ossia la
ricerca del vero sapere e della virtù. Una particolare attenzione è rivolta
alla grande aspirazione del mondo odierno. Dappertutto si parla di pace senza
aver ben chiaro il significato del termine.
Dal latino pax, a sua volta derivante dalla desinenza indoeuropea pak (pattuire, fissare), donde pangere (accordarsi), si perviene alla
riduttiva definizione di tranquillità di
animo, assenza di guerra.
Gesù, nell’ultima cena, sentì la
necessità di affermare ai suoi discepoli: «La
pace vi lascio, la mia pace vi do. Non come la dà il mondo io ve la do».
(Gv 14, 27)
Nella Bibbia la pace (shalom) comprende tutti i beni materiali
e spirituali che una corretta vita cristiana richiede. La pace è gioia e
impegno, come dimostra la liturgia eucaristica. Il sacerdote, dopo
l’invocazione rivolta al Signore, invita i fedeli: «Datevi un segno di pace!».
Il gesto simbolico della stretta di mano, se vera, è dettata dal sentimento che
in Cristo non ci sono differenze di ceto o di razza.
Fu Papa San Leone II (611-683), nato probabilmente nella nostra antica Vallis Salinarum, ad introdurre nella
Messa il bacio della pace.
A S. Martino, mio paese natale, gli
antenati hanno dedicato una via al detto Pontefice, venerato come santo sia
dalla Chiesa Cattolica che da quella ortodossa, la cui memoria liturgica cade
il 3 luglio. Oltre a Tommaso Aceti (cfr. G. Barrio “Antichità e luoghi della
Calabria”), Padre Silvestro Morabito sostiene che S. Leone II, dolcissimo poeta
e musico sacro, è della nostra provincia. Ciò costituisce per noi un motivo di
legittimo orgoglio.
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