ARTE E CULTURA
Pubblicato di recente su Youcanprint, il mio nuovo libro ha lo scopo di considerare il più
controverso processo che ha cambiato il corso della storia. Nonna Vincenza Femìa è una figura popolare d’altri tempi, entrata nella leggenda
di Laureana di Borrello. Si deve al suo coraggio e al suo sacrificio se la Chiesa Parrocchiale di Maria SS. degli Angeli, danneggiata dai
terremoti, si trova ricostruita nel sito originale. La pia donna soleva
ripetere nelle orazioni quotidiane:
La
Passione del Signore,
il dolore di Maria,
fa’ che sempre siano
nel nostro cuore.
il dolore di Maria,
fa’ che sempre siano
nel nostro cuore.
La giaculatoria rivela il profondo sentimento che gli
avi nutrivano verso il sacro con l’epilogo annuale delle rappresentazioni
popolari (tragedie) che si svolgevano
nei vari centri della nostra Piana durante la Settimana Santa. Dal sacro
esercizio della Via Crucis, così
diffuso nel Cattolicesimo e risalente al tardo Medioevo, ho preso spunto per
delineare l’eccezionale evento del mondo.
La popolarità di Gesù presso il giudaismo fece sì che Anna, servendosi di Pilato e architettando una situazione plateale, conducesse a morte
il Divino Maestro. Gesù fu deriso dai soldati dell’Impero per essere giudeo e
per essere ritenuto una figura regale, antagonista della legge romana. Il
Sinedrio, da quando nella Giudea vi fu un amministratore romano, non poteva
condannare a morte. E’ pur vero che la maggior parte dei capi religiosi di
Gerusalemme, essendo pieni di rancore e d’invidia, desideravano l’eliminazione
del Messia. E, dopo la morte, i discepoli di Cristo subirono le violenze delle
autorità ebraiche.
La seconda parte del lavoro è riservata al Padre Nostro:
«Un giorno Gesù andò in un luogo a pregare. Quando
ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare”». (Lc
11, 1). Così, gli Apostoli hanno ricevuto dal Maestro l’orazione che ci hanno
tramandato. Il Padre Nostro esprime
la “sintesi di tutto il Vangelo” (Tertulliano), “la preghiera perfettissima”
(S. Tommaso d’Aquino), la “orazione domenicale”, cioè la “preghiera del
Signore”.
I Padri della
Chiesa hanno rilevato che al suo interno vi sono sette domande, quanto i
doni dello Spirito Santo. Come Gesù chiama Dio Abba, Padre, sia nella
gioia che sul patibolo, così il credente mosso dallo Spirito di Cristo può
rivolgere lo stesso appellativo, non soltanto imitando il Salvatore ma
affermando la sua mediazione.
Dalle mie modeste riflessioni sul Padre Nostro,
collocato al cuore del Discorso della
Montagna, metto in rilievo un
particolare. L’intera preghiera è racchiusa dalla forma chiasmica, fra il segno
del Padre e il desiderio di venire liberati dal Maligno. L’intimità con la
quale ci rivolgiamo a Dio è fonte di fiducia e di sicurezza; imploriamo il suo
aiuto consapevoli che il male non appartiene all’ordine naturale ma a quello
effimero. L’espressione non ci indurre in
tentazione va tradotta non metterci
alla prova.
Dante avrebbe obiettato:
Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero,
ché il velo è ora ben tanto sottile,
certo che il trapassar dentro è leggero. (Pg. VIII, 19-21)
Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero,
ché il velo è ora ben tanto sottile,
certo che il trapassar dentro è leggero. (Pg. VIII, 19-21)
Emeriti teologi e studiosi si sono arrovellati il
cervello senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Eppure nel bene e nel male
è in gioco la nostra vita!
http://approdonews.it/giornale/?p=249262
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