Viaggio alla scoperta di Oppido Mamertina
redazione -
Il 5 marzo 2016
di Domenico Caruso
Un po’ di storia
Oppido è un centro rilevante dal punto di vista
archeologico, come risulta dagli scavi effettuati nella Contrada “Mella” che
rivelano la presenza dell’antico popolo dei Tauriani e quello della città
bruzia di Mamerto.
Erede di quest’ultima, il paese (da
“Oppidum”, accampamento militare) fu riedificato intorno al 1044 divenendo fin
d’allora Diocesi.
Pensabene scrive che “Oppidum”
indicava un abitato in altura che era al tempo stesso una difesa. Quindi
divenne sinonimo di città. “Tresilico” (sostiene ancora il noto filologo) è
separato da Oppido appena da un piccolo corso d’acqua, che in passato dovette
essere più consistente. Ciò fa pensare che alla base ci sia il latino popolare
“(in) transibilis” (non traghettabile) diventato coi bizantini “transilico”,
tresilico. (v. Dizionario Etimologico – DES)
La città di Oppido subì vari assalti
a cominciare dal 1059 da parte di Ruggero il Normanno, ma fu il “Flagello” del
1783 a raderla al suolo e ad uccidere 1.198 abitanti, quasi la metà della
popolazione.
Nel 1864 alla nuova Oppido,
riedificata nella Contrada Tuba fu aggiunto l’appellativo di “Mamertina”.
Il Comune di Oppido comprende anche
tre Frazioni: Messignadi (la
più grande), Castellace e Piminoro.
Le origini di Messignadi,
risalgono al periodo della Magna Grecia e nel secolo XIII, sotto Carlo d’Angiò,
il centro appartenne al feudo di Oppido. Distrutto dal sisma del 1783, fu
presto riedificato. Nelle pergamene greche riguardanti la Diocesi di Oppido,
nel 1188 è chiamato “Mesinido”. Nel 1799 fece parte del Dipartimento della
Sagra con sede a Seminara. Dal 1588 divenne “universitas” e quindi Comune del
Regno di Napoli fino al 1854, quando passò come Frazione di Oppido. Nella
contrada Filesi si possono notare i ruderi di un antico convento domenicano del
1513, la cui chiesa era intitolata a S. Maria della Palomba.
Le origini di Castellace precedono quelle di
Oppido; le prime notizie risalgono al 1195. Fino al 1600 appartenne alla
Diocesi di Reggio Calabria. Ricco centro agricolo, abitato da popoli indigeni e
greci, in passato richiamò numerosi lavoratori delle località limitrofe per la
raccolta delle olive. Distrutto dal “Flagello” del 1783, venne riedificato
nella più vicina zona pianeggiante.
Il villaggio di Piminoro, a 700 metri sul
livello del mare, venne fondato dal vescovo di Oppido Mons. Alessandro
Tommasini (1792-1818) come sede estiva dei seminaristi. Fu, quindi, popolato da
famiglie di contadini giunte da Fabrizia (CZ).
Fu scelto dal porporato, che lo chiamò “Piminoro”
(“monte dei pastori”), a motivo della salubrità dell’aria in quanto Oppido
risultava una zona malarica.
Il Comune di Tresilico, soppresso con regio
decreto, nel 1927 divenne rione di Oppido. E’ sede del Santuario dedicato alla
Madonna delle Grazie.
Personaggi
Sono
numerosi i personaggi illustri di Oppido per cui mi limiterò a segnalare quelli
della “Storia oppidese” di Antonio Roselli.
Candido Zerbi (1827-1889), con una vasta
preparazione sulla “Divina Commedia”, tanto da ricevere le congratulazioni del
Torricelli; Domenico Antonio Malarbì (1732-1784), letterato e
matematico; Mons. Nicolantonio Gangemi (Pedavoli 1766 – Napoli 1837),
archeologo e “salvatore” della Diocesi di Oppido; Giuseppe Ioculano
(1864-1918), medico letterato; Domenico Carbone Grio (Tresilico 1839 –
RC 1905), dottore garibaldino; Candido Zerbi (1827-1889), uomo politico
e storico; Francesco Saverio Grillo (1835-1912), eclettico uomo
di cultura.
Ricorrenze storiche
La battaglia di Seminara.
La prima battaglia si ebbe nel 1495
allorquando Ferdinando II d’Aragona dovette abbandonare la capitale partenopea
(stretta d’assedio da Carlo VIII d’Angiò) e rifugiarsi a Messina. Da qui chiese
l’aiuto del consanguineo Ferdinando V di Spagna (“il Cattolico”), che gli inviò
il “Gran Capitano” Consalvo Fernandez de Cordoba ed i rinforzi con i quali –
dopo l’assedio e la conquista di Reggio – passò a Seminara. I francesi, pur
sconfitti, attesero l’occasione della rivincita che ottennero qualche tempo
dopo. Nella seconda battaglia gli spagnoli passarono all’offensiva. Il 13
aprile 1503 un esercito giunto dalla Sicilia annientò i francesi fra Gioia
e Seminara.
La nomina di Consalvo a viceré del
Regno di Napoli, da parte de “il Cattolico”, diede inizio alla dominazione
spagnola caratterizzata essenzialmente dalla corruzione amministrativa e dal
fiscalismo che fiaccò l’economia. Il terrore delle incursioni turchesche
completò il resto.
La visita di Lear
L’illustre
paesaggista e scrittore inglese Edward Lear (1812-1888) nell’estate del 1847 si
fece a piedi il giro della Calabria Ultra Prima, in compagnia di un amico e di
un cavallo per i bagagli. Nel suo “Diario” riferisce che il 24 agosto, partito
da Casalnuovo giunse a Oppido che gli si offrì quale “città ampia e
passabilmente costruita”. Ma qui, un imprevisto inconveniente sconvolse i suoi
piani. Non trovando il canonico Don Pasquale Zerbi, dal quale era diretto, si
recò in una “abietta locanda: una orribile spelonca” per trascorrere la notte.
Dopo aver fatto colazione sui gradini del locale, entrò nelle stanze da letto,
dove l’esercito di parassiti che le infestava era così folto che né lui né il
compagno Ciccio riuscirono a dormire. Rimasero svegli contemplando con
raccapriccio i “letti animati” fino all’arrivo del nuovo giorno che per loro
rappresentò certamente una liberazione.
Il previtocciolo
Nel 1971 esplose il famoso caso
letterario del romanzo “Il previtocciolo”, firmato con lo pseudonimo di don
Luca Asprea, pubblicato dalla Feltrinelli e presentato da Franco Cordero. Quest’ultimo
scrisse: «Aspro, alluvionale come una fiumana di dialetto imprecatorio, spesso
sgradevole, talvolta ingenuo, eppure pietoso sotto la ferocia delle immagini
speculari, moralmente ispirato, sottile nell’esplorazione dei fatti e degli
interni d’anima, poetico, questo libro è più edificante di mille sermoni
dolciastri».
Il sesso è il tema dominante del
libro. Si legge nella quarta di copertina dell’edizione 2003 di L. Pellegrini
(CS), «[E’] comunque l’asse ordinatore di tutta la vita paesana, schiacciata e
deformata dalla immorale morale sessufobica, e dal malcostume dei preti, che
trasformano l’altare in un mattatoio di carni femminili, la sagrestia in
un’alcova, la confessione in un’estorsione di segreti sessuali».
Il libro suscitò uno strepitoso
successo e venne tradotto anche in francese, incontrando pareri opposti.
L’autore è don Carmine Ragno, ex seminarista cattolico poi prete ortodosso,
nato a Oppido nel 1923 e deceduto a Roma nel 2005.
Uno
dei tanti detti riportati nel testo dichiara:
«I danari
fanno i morti parlare!
L’uomo senza moglie
è mezzo morto;
l’uomo senza danaro
è morto tutto!».
http://approdonews.it/giornale/?p=210655
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