L’effigie di S. Martino torna
restaurata
La scultura di S. Martino di Tours, Patrono
dell’omonimo paese che, prima di appartenere al Comune di Taurianova (R.C.), ha
rivestito un ruolo determinante nella storia d’Italia, è opera di don Francesco De Lorenzo (nato a
Varapodio il 15 gennaio 1807 ed ivi deceduto il 13 febbraio 1866).
A pag. 445 della sua monografia «Varapodio ieri e oggi» del 1990 don
Antonino De Masi (1919-2009), dopo aver riportato due ipotesi di tradizione
orale riguardanti l’autore della suddetta effigie, scrive testualmente: «La
terza infine è la testimonianza di persone anziane di S. Martino di Taurianova
le quali attestano, per averlo sentito dai loro avi, che la statua lignea del
loro santo protettore S. Martino è opera d’un sacerdote di Varapodio che, nella
fattispecie, corrisponderebbe a Francesco De Lorenzo.
Tale tradizione popolare è riferita dallo
studioso sammartinese Domenico Caruso nella sua opera: «Storia e Folklore Calabrese» - (Ed. Lit. Colarco, Taurianova, 1988
- pag. 97) che qui riportiamo.
Si racconta che per costruire la
statua i sammartinesi siano ricorsi, circa due secoli fa ad un artista e
sacerdote di Varapodio. Costui impiegò più di tre anni a scolpire su duro legno
la meravigliosa immagine del Santo Cavaliere, dal volto radioso, nell’atto di
tagliare il mantello per darlo a un mendicante.
L’autore si era tanto
affezionato alla sua opera che trascorreva lunghe ore a contemplarla e non
avrebbe voluto più staccarsene. Infatti, quando i sammartinesi andarono a
ritirare festanti la statua, l’artista s’affacciò al balcone e disperatamente
invocava il Santo perché non s’allontanasse da lui.
Fu tale il dolore provocato che
s’ammalò e dopo pochi giorni morì, raggiungendo così per sempre il Santo al
Cielo per ammirarlo in tutto il suo splendore».
Nella nostra Chiesa c’è una preziosa reliquia
del Santo, le cui vicissitudini del corpo sono ben note.
A questo punto, sento il dovere di ricordare
che il merito d’aver scoperto l’autore della statua di S. Martino va al caro
zio Girolamo Cordì, marito di Giuseppa Caruso - sorella di mio padre.
Chi era “Gilormu Cordì”, presto
detto!
Si legge nella pubblicazione del mio genitore
Rocco Caruso: “San Martino Vescovo Confessore - Patrono di S. Martino (R.C.) -
Tip. G. Palermo - Palmi, 1959:
«La protezione di S. Martino era necessaria
non solo alla povera gente del paese ed ai devoti, ma anche a quei giovani e
uomini sposati che per difendere la Patria, allora in guerra (1915-18), avevano
lasciato le loro case per combattere. Infatti, mentre un mio congiunto Girolamo
Cordì - uomo religioso e devoto del Santo Patrono - era al fronte, una bomba
lanciata dal nemico, durante un’operazione di pattuglia, gli esplodeva vicino.
Gettato a terra dallo spostamento
d’aria invocò a gran voce il Santo e, quando tornò la calma, constatò
sbalordito che, invece della morte, aveva riportato soltanto qualche ferita.
Portato alla base e messo su un letto a
riposare, si addormentò. Nel sonno gli apparve S. Martino il quale gli disse: -
Per la tua devozione ho salvato te e tua moglie che ha dato alla luce un
figlio! -
Mio cognato era tanto certo
dell’accaduto che, appena sveglio, mandò a casa gli auguri per il neonato prima
di ricevere dalla famiglia alcuna comunicazione.
La moglie, infatti, nel momento
in cui lui ebbe l’apparizione aveva partorito un bel bambino, al quale in onore
del Santo impose il nome di Martino».
Come si evince dalle numerose testimonianze,
la devozione per il Santo Protettore non è mai venuta meno e l’arrivo
dell’effigie dopo il recente restauro rappresenta un importante evento nella
storia del nostro paese.
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