La calunnia è un venticello ...
Non ci sono parole
per descrivere lo scempio che offrono, nell’ VIII cerchio (nona bolgia) dell’Inferno,
i seminatori di discordie. I mali che in vita procurarono quei dannati non
furono rimarginati e crearono altre divisioni, adesso i loro corpi vengono tagliati e mutilati nel continuo
passare davanti al demonio.
Il gentiluomo Pier da Medicina manifesta la sua
sincera angoscia nell’indicare a Dante
il tribuno Curione con la lingua mozzata per aver, dopo la sua cacciata da
Roma, consigliato Cesare di passare il Rubicone e dare inizio alla guerra
civile.
«Chi fu pronto
all’azione», gli disse, «non subì dall’attesa che danno»:
Allor puose la mano
alla mascella
d’un suo compagno e la
bocca li aperse,
gridando: “Questi è
desso, e non favella.
Questi, scacciato, il
dubitar sommerse
in Cesare, affermando
che ‘l fornito
sempre con danno
l’attender sofferse. (XXVIII, 94-99)
Il poeta appare
inorridito nell’osservare un ultimo dannato: un busto privo di testa che,
afferrata per i capelli, porta avanti a sé come una lucerna per farsi luce. Gli
occhi del povero capo guidano i passi:
e quel mirava noi, e
dicea: “Oh, me!”
Di sé facea a se
stesso lucerna,
ed eran due in uno e
uno in due:
com’esser può, quei sa
che sí governa. (XXVIII, 123-126)
Solo Dio sa come ciò
sia possibile!
Nella bolgia
successiva i bugiardi, i calunniatori e gli spergiuri - avendo sulla Terra
sfigurato il vero - vengono torturati e tormentati da forti febbri che li fanno
delirare.
«La verità, come la luce,
acceca. La menzogna invece è un bel crepuscolo, che mette in risalto tutti gli
oggetti», afferma il filosofo e drammaturgo Albert
Camus (1913-1960). La parola menzogna
(l’osservazione dello scrittore francese è singolare!), presenta al suo interno
una notevole gradualità semantica.
Fra i sinonimi di detto termine (derivato da mentio, mentionis, alterazione o deformazione della verità) riporto: baia (burla, bagattella, inezia), balla (frottola, panzana), bugia (asserzione cosciente non vera;
invenzione, mendacio), calunnia
(accusa inventata per diffamare o screditare; maldicenza; denigrazione), ciancia (chiacchiera; voce priva di
fondamento spesso maligna e ingiuriosa), denuncia
(dichiarazione di reato richiesto o imposto dalla legge), falsità (mancanza di lealtà; fallacia; doppiezza), favola (proprio dei visionari o dei
molto giovani; fandonia), impostura
(consuetudine alla menzogna e all’inganno; frode), imputazione (attribuzione di responsabilità), incriminazione (di un reato), pettegolezzo
(discorso malizioso e indiscreto; ciarla, diceria), taccia (accusa dovuta all’opinione pubblica; cattiva fama). Il
campo semantico delle parole è sconfinato e, in un certo senso, ogni forma di
comunicazione è menzognera. E’ quanto asserisce Nietzsche (1844-1900):
«Le verità sono
illusioni, di cui si è dimenticato, che sono tali; metafore, che sono state
abusate e private della forza di senso; monete, che hanno perduto la loro
effige e che pertanto vengono considerate metallo e non più monete».
La fantasia può
aiutarci a comprendere il problema. Si narra che la Verità abitasse nuda in
fondo ad un pozzo. Il giorno che si decise ad uscire per incontrare la gente
tutti fuggirono alla sua presenza. Allora umiliata si avviò per una strada di
campagna dove incontrò, meravigliosamente abbigliata, la Favola. Con questa si
lamentò per il mancato ricevimento e per il freddo che la tormentava. La Favola
la invitò, quindi, a ripararsi sotto il suo mantello anche per la sua nudità
imbarazzante e di proseguire con lei da buona sorella. Così i savi avrebbero
accolto la Favola in grazia di quanto nascondeva ed i pazzi avrebbero
festeggiato la Verità perché frusciante delle sete e dei gioielli della
compagna.[1]
Vi è anche un aneddoto significativo, riguardante la maldicenza, attribuito
a San
Filippo Neri. Ad una donna che aveva
sparlato del prossimo il religioso consigliò di uccidere una gallina, spennarla
lungo la strada e portargliela. Dopo aver eseguito tutto ciò, la stessa fu
invitata a ritornare sui suoi passi a raccogliere tutte le piume. Ma
l’operazione, aggravata dal vento, obiettò la penitente che non poteva
eseguirsi. Altrettanto impossibile, ribadì il santo, era il voler riparare al
pettegolezzo a danno della gente. La prudenza nel parlare è sottolineata da un’arietta di Metastasio (1698-1782):
Pria di lasciar
la sponda,
il buon
nocchiero imìta;
vedi se in calma
è l’onda,
guarda se chiaro
è il dì.
Voce dal sen
fuggita
poi richiamar
non vale;
non si trattien
lo strale
quando dall’arco
uscì.
Diverso è l’atteggiamento verso alcuni aspetti
della bugia, specialmente nel periodo dell’infanzia. Allora il gioco, per il bambino, ha un alto
significato educativo favorendo lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale.
Nell’attività ludica egli esprime quella fantasia che gli permette di passare
dai valori simbolici delle cose all’intuizione della loro struttura e del
lavoro effettivo. La bugia, considerata spesso in termini negativi, assume un
ruolo importante nel contesto educativo del bambino, che racconta a se stesso e poi agli altri intrecciando realtà e
fantasia. Le menzogne infantili scaturiscono da un’esigenza psicologica prima
che materiale. D’altronde, nella formazione dei piccoli, sono stati i genitori
a far scoprire le cose attraverso la bugia. Sia con la metafora che con la
fiaba si è cercato di infondere ai figli sicurezza e consapevolezza della
propria identità. Prima
delle storie di Babbo Natale, della Befana o di altre creature immaginarie,
nonché della cicogna che porta i bambini o di altri espedienti per nascondere
realtà imbarazzanti occorrerebbe una seria riflessione. La bugia in buona fede
può contribuire alla crescita nel momento evolutivo, ma ai nostri giorni
caratterizzati da un rilevante sviluppo scientifico ci sono altre vie più
idonee. Un proverbio africano asserisce: «Per far crescere un bambino ci vuole
un intero villaggio».
Nel campo cattolico: «Le bugie […] sono in
realtà un reticolo variegato di pie tradizioni, spesso gentili e degne di
rispetto, fiorite nel campo della religiosità, frammiste però a mezze verità,
veri e propri errori, luoghi comuni ed equivoci che, per assuefazione, pigrizia
mentale, gusto del folclore e del meraviglioso, hanno assunto agli occhi della
gente valore di certezze assolute».[2]
Come ben documentano
gli autori del libro, ad esempio: il battesimo non lava il peccato originale; non tutti possono diventare preti; il
Papa non sempre è infallibile; nell’inferno non ci sono le fiamme; il diavolo
non ha né corna né zoccoli; gli angeli non hanno le ali; l’uovo di Pasqua non è
un simbolo pagano; i dogmi possono essere aggiornati;
nel digiuno il problema non è la
carne; non è obbligatorio credere ai miracoli o alle reliquie; certe volte i
veggenti sbagliano. Infine, tante vicende che riguardano i Santi sono frutto
della fantasia popolare, come il drago di S. Giorgio, gli occhi di Santa Lucia,
il mantello di S. Martino, il dito di S. Tommaso sul costato di Gesù. Tutti i filosofi, ad
eccezione del Marchese de Sade
(1740-1814) e di Nietzsche,
condannano la menzogna. Per Platone
(428/427-348/347 a.C.): «Il falso che si genera nei discorsi» deriva da quello
che si genera nel pensiero, entrambi dal «dire o pensare ciò che non è». Anche Aristotele
(384-322 a.C.) è del parere che: «Il falso e il vero non sono nelle cose, come
se il bene fosse vero e il male falso, ma nel pensiero». Per il sapiente greco,
l’uomo veridico è «autentico, sincero sia nella vita che nelle parole». Scrive S. Agostino (354-430 d.C.): «Mendacium
est enuntiatio cum voluntate falsum
enuntiandi» (De mendacio,
IV,4). (La menzogna è l’affermazione del falso con l’intenzione volontaria di
ingannare). Il Dottore della Chiesa fa la differenza tra il mentiens (colui che mente) e il mendax (il bugiardo), essendo la
menzogna un atto e l’ipocrisia uno stato. Agostino propone una sorta di
classificazione della menzogna, in ordine decrescente alla gravità morale: 1)
La menzogna religiosa (per la conversione di qualcuno); 2) la menzogna maligna
attiva (per danneggiare qualcuno senza giovare ad altri); 3) la menzogna
maligna passiva (per godere dell’inganno e trarne vantaggio); 4) la pura
menzogna dannosa (per il bene di qualcuno a danno di altri, il semplice piacere
d’ingannare); 5) la menzogna per acquistarsi favore (nella conversazione); 6)
la menzogna benevola innocente (per il bene di qualcuno senza danneggiare
altri); 7) la menzogna necessaria per la vita (per salvare la vita a qualcuno);
8) la menzogna necessaria per la purezza (per salvare la castità di qualcuno).
(De mendacio, XXI, 42). La
diffamazione o maldicenza e la calunnia sono i mali più gravi contro la carità
e la giustizia. La differenza fra i due peccati sta nel fatto che mentre il
primo porta a conoscenza difetti veri ma segreti, l’altro attribuisce colpe
inattendibili.
Un ironico quadretto sulla calunnia è
riportato magistralmente, in dialetto romanesco, dal poeta crepuscolare Trilussa (1871-1950): A mezzanotte,
quando non c’è la luna, si radunano nel pantano puzzolente Li rospi contro l’aquila.
Ecco il presidente che spiega lo scopo della Lega:
« - Cari colleghi, la diffamazione /è
tutta una questione de maniera: / in certe circostanze fa più effetto / una
cosa che nasce da un sospetto / che quanno nasce da una storia vera. / Dunque
inventate, giù! Sotto a chi tocca! / Cor fiele in core e cor veleno in bocca!». Dopo il Leone è la volta
dell’Aquila reale. «Un vecchio rospo
scivoloso e grasso, / spaparacchiato su la panza floscia, / slarga le cianche
deboli e se scoscia / per arrivà su un sasso. / - Compagni! - dice poi - / L'Aquila che se dà tutta 'sta boria / nun
è che la ruffiana de la Gloria / che specula sur sangue de l'eroi! / - E' vero!
- Bene! - Bravo! - Morte all'aquila /
Abbasso! - Evviva noi! ». Diversamente dai rospi, l’aquila ha il merito
delle ali! «E la buriana seguita,
s'ingrossa / e l'improperie schizzeno più forte. // Ma appena spunta in cima a
la montagna / la prima luce rosa / che ridà li colori a la campagna, / ogni
rospo s'azzitta e con un zompo / se schiaffa nell'acqua mollacciosa. / Ciacchete! Un tonfo e poi... nun resta a
galla / che quarche bolla e un po' de schiuma gialla...».
Farei un torto al poeta se non rivelassi la
sua opinione post - mortem sulla morale espressa ne “Lo specchio”: «… Quante mijara de rimane ho scritto / che
miscujo de cose che pantano! / Sarebbe stato mejo a stasse zitto / e nun
confonne er “Sacro cor profano”. // Li lupi l’ho confusi co’ l’agnelli / li
gatti co’ li sorci e co’ li cani / li rospi abbraccicati co’ l’ucelli / e li
somari assieme a li Cristiani. // Ho fatto raggionà li polli e l’oche / er bove
te l’ho messo assieme all’orco / formiche e grilli a spasso co’ le foche, / e
nella società ho mannato er porco. // Tutto questo l’ho fatto solamente / pe’
cercà la morale in qualche posto / ma ner cercà non ho trovato gnente, /
sortanto tutto fumo senza arosto // […] Ma
si quarcuno ancora cià pazienza / je vojo solo addì sta cosa ancora / la
“morale” sta assieme a la coscenza, / è inutile a cercalla drento o fora…».[3]
Infine (dulcis
in fundo), la magia dell’aria di Don Basilio nell’opera musicale di Rossini
Il barbiere di Siviglia, oltre ad
estasiare invita alla riflessione:
«La calunnia è un venticello / un'auretta assai
gentile / che insensibile sottile / leggermente dolcemente / incomincia a
sussurrar». Pian piano, s’introduce nelle orecchie della gente e stordisce
testa e cervello. Uscendo, quindi, dalla bocca prende forza e scorrendo da un
luogo all’altro «sembra il tuono, la tempesta / che nel sen della foresta, / va
fischiando, brontolando, / e ti fa d'orror gelar. / Alla fin trabocca, e
scoppia, / si propaga si raddoppia / e produce un'esplosione / come un colpo di
cannone». Fra il tumulto generale «… il meschino calunniato / avvilito,
calpestato / sotto il pubblico flagello / per gran sorte va a crepar».
(Servizio
pubblicato sul mensile La Piana di
Palmi-RC - Anno XII, n. 4 - Aprile 2013)
[1]
Rielaborazione dall’Enciclopedia della
Fiaba - Vol. I - Casa Ed. G. Principato, Milano - Messina, 1959.
[2] Dalla
prefazione al libro di Roberto Beretta ed Elisabetta Broli Le bugie della Chiesa - Ediz. Piemme - Casale Monferrato (AL),
2003.
[3] Demofilo
Fidani, Il medium esce dal mistero -
L. Reverdito Editore, Trento - 1986.