Superstizione e religione
Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.), "degli altri poeti onore
e lume" (Inf. I, 81) che Dante
scelse come guida attraverso i gironi dell'Inferno e del Purgatorio, affermò
che occorre incominciare da Giove, poiché tutte le cose sono piene del re degli
dei: «Ab Jove principium, Musae; Jovis omnia plena» (Ecl. III, 60).
La religione
rappresenta la realtà assoluta, indicata col nome di Dio (in greco thèos). Per alcuni il termine
deriverebbe dalla radice latina del verbo ligare
(legare), equivalente al rapporto di devozione verso la divinità, mentre la
voce monoteismo (dal greco monos) denota la fede in un solo Dio.
Quest'ultimo nome proviene
dall'indoeuropeo deiwo e dalla radice
div, col significato di luce. Ma la storia dell'umanità conobbe,
nel corso dei secoli, diverse forme di riti e usi sacri, per cui è opportuno
formulare un concetto: «La religione non è solo conoscenza più o meno
speculativa di una realtà. Presa così sarebbe uno studio o una riflessione
filosofica. E neppure si riduce al desiderio di un bene percepito sotto forma
di divinità. L'elemento fondamentale
della religione è la contingenza, l'essere stesso e l'esistere creaturale
dell'uomo».[1]
L'analisi delle
religioni presenta dei punti in comune (costanti),
partendo dai quali si giunge alla configurazione religiosa dei popoli.
A motivo di sintesi
seguirò la classificazione adottata dallo studioso spagnolo Manuel Guerra, già docente di Teologia
all'Università di Burgos.
La più arcaica
religiosità, quella tellurica,
espressa sotto forma di dea madre Terra (le cui figure femminili risalgono a
circa 30.000 anni or sono), fa sì che nella terra si cali l'origine e il
destino dell'uomo. Nel «bacino del Mediterraneo, attorno al quale i Greci si
insediarono, a dire di Platone, come rane
attorno a uno stagno, è la culla
del Cristianesimo. Sotto l'aspetto religioso, in epoche precedenti l'avvento
del Cristianesimo e nei primi secoli dopo Cristo, questa area fu dominata dalle
religioni celesti e misteriche».[2]
In tale divisione la rappresentazione umana (antropomorfismo) della
divinità è Zeus, termine associato a quello di padre. Durante la costante
etnico-politica, che segue, ogni popolo ebbe la propria religione;
mancarono un fondatore conosciuto e il proselitismo; si tese alla conservazione
e alla prosperità della comunità sotto i diversi aspetti. Mentre le radici
delle religioni etnico-politiche e di quelle celesti si fusero nel sottosuolo
del clan o del popolo, quelle misteriche
trovarono corrispondenza nella terra resa divinizzata. A differenza di quanto
avveniva nel fatto tellurico, l'efficacia si ebbe nel serpente quale simbolo e
presenza del dio misterioso. Unito alla divinità, fin dal principio, l'iniziato
aspirò al bene futuro.
«La salvezza e la
felicità si misurano in base all'intensità della sympàtheia o com-passione,
nel significato etimologico dei termini (greco il primo - simpatia - di origine
latina il secondo), vale a dire, nella misura in cui sono sentiti con la divinità i propri dolori, la morte e altre
sventure».[3]
Appariva
indispensabile condurre un'esistenza corretta, costituendo la morte il
passaggio da una vita all'altra.
Tralascio la trattazione
delle religioni universali come
l'induismo, il confucianesimo e il taoismo, il buddhismo, il jinismo,
l'islamismo, lo yahvismo israelita poiché meriterebbero un approfondimento
specifico.
Passo, così, al Cristianesimo che - pur possedendo tratti
caratteristici delle religioni universali - si differenzia per la figura
particolare del suo fondatore, Gesù Cristo. Anzi, nella storia generale delle religioni
s'inserisce anche la Chiesa, la quale
come «…Popolo di Dio presenta caratteristiche che lo distinguono nettamente da
tutti i raggruppamenti religiosi, etnici, politici o culturali della storia…».[4]
Diversamente dalle altre comunità, quella cristiana (in greco ekklesìa, chiesa, significa adunanza), proclama di essere la
prosecuzione reale di Gesù Cristo. La presenza della Chiesa nel mondo avviene
in modo sacramentale per la
partecipazione amorevole di Dio, che si rivelò e si donò all'uomo. Prendo a
prestito le parole di Corrado Balducci
(1923-2008) per affermare: «…Nessuno poteva immaginare duemila anni fa, quando
gli dei della mitologia greco-romana scagliavano i loro fulmini, una religione
in cui Dio stesso venendo sulla terra avrebbe insegnato agli uomini una
preghiera che incomincia: - Padre nostro… - ».[5]
Poiché dipende da Dio, non c'è dubbio che
«l'uomo non può convertire la divinità, in quanto realtà suprema, in oggetto di
sua proprietà né in strumento al servizio delle personali necessità e
capricci».[6]
Sembra incredibile
come, nell'era presente contraddistinta dal progresso scientifico e tecnologico,
l'uomo sia ancora schiavo di antiche sopravvivenze.
In tal senso
collochiamo la voce superstizione
(dal latino superstitio, che sta
sopra), contrapposto a religio.
Accanto alle costanti religiose, infatti, si svilupparono forme secondarie o
degradate giunte fino a noi - come l'animismo, il feticismo e la magia. A
proposito, il capolavoro comico di Peppino
De Filippo (1903-1980) recita: «Non è vero… ma ci credo!». Il ricercare con
la magia l'amore, la salute o altro dimostra di non voler accettare con
serenità la volontà divina. Il mondo dei simboli, oltre che nelle
superstizioni, è presente ed importante per l'esplorazione del nostro spirito
nell'ambito prettamente cattolico. A
nessuno sfuggono, ad esempio, i segni espressi nei sacramenti come l'acqua del
battesimo, il pane di vita per entrare in comunione con Dio, il calice di vino
(il sangue dell'uva, usato nel linguaggio rituale dell'antico patto
d'alleanza). Ed ancora, il cero pasquale che rappresenta la luce del Cristo
risorto, la domenica giorno del sole e del Signore; lo stesso rituale della
Messa riassume altri numerosi simboli. La Chiesa si è posto l'arduo impegno di
fare assumere a Cristo il ruolo di Elios, il dio sole dei greci e dell'antica
Roma.
Al fine di
scongiurare mali e disgrazie o per procurarsi il successo e la fortuna, vige
ancora l'uso di portare addosso qualche
piccolo oggetto, un amuleto.
Il termine potrebbe derivare dal latino à-molior
(tener lontano) oppure dal greco àmulon
(specie di focaccia, che si offriva sugli altari o sulle tombe per propiziarsi
gli dei o gli spiriti dei defunti). L'oggetto consacrato (in greco tèlesma) è noto anche come talismano.
Gli antichi egizi consideravano un
efficace amuleto lo scarabeo alato (Kepher),
animale rappresentante il dio-sole RA che moriva al tramonto per risorgere
all'alba del giorno successivo. Lo scarabeus
sacer, dalle braccia lunghe,
originario del Taiwan, come lo stercoraro
ha l'abitudine di creare pallottole di fango ed escrementi che, oltre a
procacciargli il nutrimento, favoriscono il dischiudersi delle sue uova. Pure
il dio sole (Khepri) svaniva per poi rinascere. Nei primi secoli del
Cristianesimo, i Padri della Chiesa proibirono le pratiche pagane e
considerarono gli amuleti fonte di idolatria.
Durante il governo di
alcuni imperatori romani, persino le leggi civili vietarono l'uso degli amuleti per la cura di malattie o
applicarono il supplizio a chi si giovava di parole magiche per lo stesso fine.
Fra le credenze degli
avi, nella nostra Piana erano note le cerimonie d'ascolto. Dopo la recita di
alcune formule, si chiedeva al santo un segno di buono o di cattivo presagio.
Così a S. Martino di Taurianova, Santa Monica o S. Elena avrebbero rivelato in
anticipo al proprio devoto l'esito di un evento. Ecco la traduzione di una
formula:
Sant'Elena mia, imperatrice,
figlia del re
Carmelitano,
vi partiste con un
grande esercito
per cercare la Santa
Croce;
dopo averla
trovata,
la Croce vi
abbracciaste.
Per la mia indegnità,
per la vostra santità:
mostratemi la pura verità!
Prima di disporsi
all'ascolto si recitavano un Pater, un'Ave e un Gloria. Era di buon auspicio
l'aprirsi di porte e finestre, l'accensione di luci, l'abbaiare di cani; di
cattivo augurio - invece - il pianto di bimbi, la chiusura di imposte, lo squittio
della civetta. L'animismo figurava molto diffuso: a parte i semplici dotati di
un certo carisma, numerose altre persone presumevano di vedere e di parlare con
i cari defunti.
Mentre il cristiano
si metteva al servizio di Dio, c'era chi avrebbe voluto servirsi di Dio o di potenze occulte per il proprio
interesse.
Oggi il prosperare
dei nuovi movimenti religiosi,
composti prevalentemente di giovani che si distaccano dalla fede, viene
condannato come idolatria.
Fra le figure del
Vangelo, quella di Tommaso ci induce
ad una responsabile riflessione. Pur avendo sempre dimostrato fermezza d'animo
e lealtà nei confronti di Gesù, l'apostolo si rivelò incredulo allorquando il
Divino Maestro nella sua assenza apparve ai discepoli. Un ragionevole
scetticismo non è da condannare, ma giova a stimolare la ricerca della verità:
«Beati quelli che hanno creduto senza aver visto!» (Gv 20, 29). Va bene la fede, ma anche chi è nel dubbio potrà
divenire beato: dipenderà dalla sua scelta.
Vale per tutti
riflettere sull'opera Orme sulla sabbia
della scrittrice canadese Margaret
Fishback Powers (nel mio adattamento):
Ho
sognato che passeggiavo
lungo la spiaggia con il mio Signore
e rivedevo sullo schermo del cielo
proiettate le scene della mia vita.
E per ogni giorno trascorso
apparivano due orme sulla sabbia:
le mie e quelle del Signore.
Ma in alcuni tratti ho notato una sola orma,
in coincidenza con i periodi di maggiore angustia e di dolore...
Allora ho domandato: - Signore,
ho scelto di vivere con te
e tu mi avevi promesso
che avresti camminato sempre accanto a me.
Perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti più difficili? -
E Lui mi ha risposto:
- Figlio mio, lo sai che ti amo
e non ti ho abbandonato mai:
i giorni nei quali
hai visto soltanto un’orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui
ti ho portato in braccio -
(Servizio
pubblicato da Domenico Caruso sul mensile "La Piana" di Palmi-RC -
Anno X, n. 3 - Marzo 2011)
[1] Manuel
Guerra, Storia delle religioni -
Editrice La Scuola, Brescia - 1989.
[2] M.
Guerra, op. citata.
[3] M.
Guerra, op. citata.
[4] Catechismo della Chiesa Cattolica - (al
n. 782) - Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano - 1992.
[5] Domenico
Caruso, Parapsicologia Oggi - Nel Mondo
del Mistero, Centro Studi S. Martino
- S. Martino-RC, 1987.
[6] M.
Guerra, op. citata.
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