Accade tuttora che,
posto dinanzi al proprio errore, l'uomo senza generosità cerchi di gettare
sugli altri ogni colpa. Da Adamo ad Eva e da questa al serpente il passo è
breve. Sull'ingannatore padre della
menzogna, si abbatté - quindi -implacabile la condanna del Signore: «Perché
hai fatto questo, / maledetto sii tu fra tutto il bestiame […] Io porrò
ostilità tra te e la donna, / tra la tua stirpe e la sua stirpe: / essa ti
schiaccerà la testa / e tu la assalirai al tallone» (Gn 3, 14-15).
Queste parole del Protovangelo annunciano, fin dalla
creazione, la salvezza del genere umano per mezzo di Maria Immacolata.
«Sotto il nome della donna si congiungono le due figure
femminili di Eva e di Maria: Maria assume in se stessa il mistero della donna, il cui inizio è Eva. Ed Eva
riscopre in Maria il significato dell'umanità femminile, riscopre la dignità e
la vocazione della donna come Dio la volle al principio».[1]
Se la caduta fu
imputabile all'orgoglio della prima donna, dall'umiltà dell'altra si riparò il
peccato: «Ecco la serva del Signore; (rivolta all'angelo) si faccia di me come
hai detto tu» (Lc 1, 38).
Con la lettera
apostolica Mulieris dignitatem, che
reca la data del 15 agosto 1988, giorno conclusivo dell'anno mariano, Giovanni
Paolo II riconosce e proclama la parità
di diritti dell'uomo e della donna.
Ci sono luoghi e
culture dove la discriminazione e la sottovalutazione femminile rappresentano
ancora un triste retaggio: dinanzi a tali gravi fenomeni l'impegno dei
cristiani dev'essere vigile e coraggioso.
All'epoca di Gesù la
società presentava una struttura patriarcale: le donne non potevano partecipare
alla vita pubblica, tantomeno prendere parte attiva al culto.
Nel Tempio veniva
loro riservato il vestibolo, col divieto di sorpasso, ed uscendo di casa
avevano l'obbligo di coprirsi il viso. Era diritto del marito di ripudiare la
moglie qualora venisse sorpresa senza l'acconciatura.
Lo storico Giuseppe
Flavio (37-103 d.C.) sottolinea con una frase della Legge l'iniqua condizione:
«La donna è inferiore all'uomo in ogni
cosa».
Nel Nuovo Testamento
Gesù attua un vera liberazione, come
dimostra il fatto che un gruppo di donne l'abbia costantemente seguito. Egli è
amico di Maria e di Marta; saranno le donne a rimanergli accanto nel momento
della sua passione e morte; sempre le stesse a testimoniarne la risurrezione
quando gli altri discepoli si dilegueranno per la paura.
Nel 1964 Paolo VI,
nel promulgare il documento conciliare Lumen
Gentium, proclamò Maria Madre della
Chiesa. Come Ella abbia esercitato questa mansione per amore di tutte le
creature viene illustrato dall'episodio delle nozze di Cana, dove per aiutare
gli sposi si rivolge a Gesù con le parole non
hanno più vino - quasi a porre
l'accento su quanti avrebbero potuto rattristarsi per il contrattempo. Il
Figlio senza respingere la richiesta, vuole educare la Madre al suo nuovo
ruolo: «Che vuoi da me, o donna?» (Gv
2, 4). E Maria dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». La mediazione materna
ha un carattere di intercessione. Da Cana al Calvario, Maria è sempre attenta
ai bisogni degli uomini, sempre amorevole Madre
della Chiesa.
«Per la sua piena
adesione alla volontà del Padre, all'opera redentrice del suo Figlio, ad ogni
mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il modello della fede e della
carità per la Chiesa». Ed ancora: «Tutte
le generazioni mi chiameranno beata» (Lc
1, 48). «La pietà della Chiesa verso la Santa Vergine è elemento intrinseco del
culto cristiano».[2]
Per il popolo Maria
costituisce una presenza viva e misericordiosa, sempre pronta a rispondere ai
bisogni concreti di ognuno. Come una madre affettuosa, avverte la nostra pur
segreta disperazione, avendo sofferto durante la sua esperienza terrena per la
crudele sorte del Figlio diletto.
Anche la preghiera
popolare, comunitaria senza il carisma dell'ufficialità, spontanea e
insistente, esprime la certezza che la nostra richiesta non viene delusa.
Durante le manifestazioni che coinvolgono un intero paese per mezzo di
processioni, drammi rituali e momenti corali di esultanza, si rinsaldano i
vincoli di socializzazione conquistati dalla tradizione.
La visita ai
santuari, gli ex-voto, la diffusione di qualche effigie nelle abitazioni, i
canti sinceri e suggestivi testimoniano come la devozione di Maria faccia parte
della nostra quotidianità.
Nella molteplicità di
titoli vi è un'identica realtà: la Madonna, ponte fra cielo e terra, creatura a
noi vicina con la quale poter instaurare un legame filiale fattivo e sincero.
Le forme espressive di pietà popolare sono portatrici di valori creativi e
mezzi d'incontro spirituale con la Madre Celeste.
Il pellegrinaggio,
considerato dalla Chiesa espressione legittima di fede, è il simbolo della
condizione itinerante del cristiano. Il desiderio di un incontro più diretto
con il divino si risolve spesso con una guarigione spirituale e un'apertura
verso il prossimo. Nelle diverse località della Piana di Gioia Tauro, la
Vergine Maria occupa un ruolo di prim'ordine nella devozione popolare. Parecchi
figurano anche i Santuari frequentati dai fedeli. Appena fuori dall'abitato di
Molochio vi è Santa Maria di Lourdes, ad Oppido Mamertina ed a Sinopoli Maria SS. delle Grazie, a Palmi la Vergine del Carmine, a S. Procopio la Madonna degli Afflitti, a Seminara la Madonna dei Poveri. Non meno importanti
si rivelano le altre Chiese intitolate alla Divina Madre. Le più numerose sono
dedicate alla Madonna del Carmine ed
a quella del Rosario; seguono l'Assunta, le Grazie e l'Immacolata;
quindi l'Addolorata, Santa Maria degli Angeli, l'Annunziata,
la Catena e la Montagna. Nell'impossibilità di riportare la storia di ognuna, mi limiterò a quelle di Taurianova, Palmi e Seminara. La prodigiosa effigie di Maria SS. della Montagna, Patrona di
Taurianova, fu ordinata nel 1787 per sciogliere un voto da un certo don
Vincenzo Sofia - benestante del luogo
- a Michele Salerno di Serra San Bruno con bottega a Napoli. Sistemata - quindi -
dentro una cassa sopra un bastimento in partenza per Gioia Tauro, nel golfo di
Salerno fu colta da una violenta tempesta. Vani furono i tentativi dei marinai,
ignari del prezioso contenuto, di sbarazzarsi del carico per alleggerire la
nave ed evitare di andare a fondo.
Nel contempo un marinaio
scorse, alta sul ponte, una signora con le braccia alzate nell'atto di placare
gli elementi. Cessate le onde e arrivati a Gioia Tauro, dove il Sofia
l'attendeva, la cassa fu aperta. Incredibile ma vero, quel marinaio riconobbe
nella statua della Madonna la signora intravista sul ponte!
Fu così che i
cittadini di Radicena (ora Taurianova)
sentirono la necessità di sostituire la miracolosa immagine con quella
più antica offerta e importata da Capistrano nel 1763 dall'Arciprete Don Domenico Antonio Zerbi.
Il 9 settembre 1894
si verificò un nuovo prodigio: si videro gli occhi di Maria muoversi con
singolare vivacità. Era stato deciso - allora - di portare la statua in solenne
processione per le vie cittadine quando, in mezzo alla luna alta nel cielo, apparve
una grande croce luminosa - come accadde a Costantino prima della battaglia sul
Ponte Milvio. Ciò rappresentava un segno eloquente della protezione divina dai
disastri tellurici che da lì a poco si sarebbero verificati.
A Palmi l'ultima
domenica di agosto (o il sabato precedente la Festa della Varia) si rinnova il culto
della patrona, la Madonna della Sacra
Lettera. Si tramanda che nel 1571, a
causa di una terribile pestilenza, molti messinesi trovarono scampo nel centro
pianigiano e gli stessi palmesi accorsero nell'isola con viveri e medicinali.
Cessato il pericolo, come segno di gratitudine il Senato di Messina fece dono
ai marinai palmesi di uno dei tre capelli che la Beata Vergine aveva regalato
nel 42 d.C. ai propri ambasciatori insieme alla lettera. La reliquia, racchiusa
in un reliquiario d'argento, viene portata in processione unitamente al quadro
della Madonna.
Per un antico
privilegio, il trasporto è affidato ai marinai della Confraternita del Soccorso
i quali procedono con un caratteristico passo di danza, a ricordo del mare
agitato che i palmesi incontrarono nel ricevere il prezioso dono.
A Seminara - infine -
si conserva la più antica scultura lignea del Meridione, la Madonna Nera dei Poveri. Portata in
Occidente dai monaci bizantini nell'ottavo secolo, fino al 951 fu venerata a
Tauriana. Dopo la distruzione della città magnogreca dai pirati agareni,
l'immagine trovò la sua collocazione a Seminara. Il primo documento ufficiale
dell'evento risale al 1325. La Santa Vergine, alta 92 cm. tiene sul braccio
destro un bambino e poggia su un trono laminato in oro. Salvata due volte, nel
1783 e nel 1908, dai terremoti che distrussero la città, ricevette la visita di
re e imperatori come il normanno Ruggero II, Ferdinando II di Spagna e Carlo V.
Dal 10 al 15 agosto di ogni anno migliaia di pellegrini giungono da ogni parte
per rendere omaggio alla prodigiosa immagine.
Diverse leggende
tramandano il suo ritrovamento a Tauriana, dov'era stata nascosta per sfuggire
alle feroci milizie musulmane. In una di queste storie si narra che, durante la
settimana santa, alcuni cittadini di Seminara erano intenti a raccogliere erbe
selvatiche nella campagna circostante quando rinvennero la statua della
Madonna. Avvisarono dell'evento i loro concittadini, i quali inviarono sul
posto i più notabili del luogo a prelevarla. Ma il simulacro si rivelò tanto
pesante da non potersi sollevare. Tentarono l'impresa i più umili (i poveri)
e la statua, divenuta miracolosamente
leggera, fu portata a Seminara.
Due altre Madonne
Nere sono celebri in Italia, quelle di Oropa e di Tindari.
Pertanto, è un nostro
vanto possedere un simulacro così straordinario.
(L'argomento è stato trattato da Domenico Caruso nella rivista
"La Piana" di Palmi (R.C.) - Anno X n. 8 - Agosto 2011).
[1] Dionigi
Tettamanzi, «Grandi cose ha fatto in me
l'Onnipotente» - Meditando con il Papa la Mulieris dignitatem - Ed.
Ancora - MI, 1988.
[2] Catechismo della Chiesa Cattolica -
Libreria Editrice Vaticana - Città del Vaticano, 1992 - nn.967 e 971.