mercoledì 27 luglio 2016

Maria SS. della Colomba



REGGIO CALABRIA
A S. Martino festeggiamenti per Maria SS. della Colomba

redazione - Il 27 luglio 2016

di Domenico Caruso

La Chiesa parrocchiale di S. Martino di Taurianova (Reggio Calabria), situata nella piazza principale del paese che ha come protettore l’omonimo “Santo Vescovo di Tours”, è intitolata a “Maria SS. della Colomba”.
Già nell’antico Centro della “Piana di S. Martino”, distrutto dal catastrofico sisma del 1783, sorgeva un convento consacrato a “Santa Maria della Palomba” – di pertinenza dei Conventuali di S. Francesco e soppresso nel 1653.
Un altro importante cenobio di “Santa Maria della Palomba” che ebbe più lunga durata risultava a Messignadi, non lontano da qui.

La suggestiva immagine della Madonna, il cui viso richiama la pregevole effigie marmorea cinquecentesca del “Gagini” situata nel medesimo tempio sammartinese, reca in braccio Gesù Bambino con in mano una candida colomba.
I festeggiamenti, che hanno avuto inizio il 26 luglio (con la discesa della sacra effigie dall’altare) termineranno il 7 agosto c.a. e richiameranno la partecipazione di tanti nostri emigranti. La processione per le vie cittadine, dopo la solenne S. Messa, è fissata per il 5 agosto.
La “colomba” dovrebbe simboleggiare l’Arca dell’Alleanza, in analogia con l’Arca di Noè: la Santa Vergine è la Regina della Pace.
Nella volta antistante l’altare della Chiesa di S. Martino, la “colomba” rappresenta lo Spirito Santo.
Nel giorno del battesimo di Gesù si legge: “E mentre pregava, il cielo si aprì. Lo Spirito Santo discese sopra di Lui in modo visibile come se fosse una colomba. (Luca III, 21-22).

Molto significativo è l’inno alla Madre Divina:

“Stella del mar lucente,
salve, o Colomba, stanza del Dio vivente;
Vergine innocente,
rugiada delle grazie del Signor”.

Ed ancora:
“Candida per natura,
del Creator prima e più dolce cura;
Immacolata e pura
mansueta Colomba senza fiel”.
In un’altra lode si afferma:
“Madre della Colomba di San Martino amata,
risuona nel tuo tempio l’eco degli inni alati.
Nel nome Tuo dolcissimo
l’umano sdegno tace,
Regina della pace
Regina dell’amor”.

Quest’anno – durante la novena della titolare (a partire dal 27 luglio) – la Schola Cantorum del luogo eseguirà alcune mie lodi per la Madonna, tra le quali la più recente:

Alla Vergine della Colomba
I – Sei Tu del Ciel Regina,
di noi Madre Maria;
il mondo a Te s’inchina,
Immacolata e pia. 
Ritornello:
Prega per noi, Maria,
bella di sol vestita,
Tu sei la nostalgia
dell’anima smarrita.
Colomba della pace,
perdona se pecchiamo,
Tu l’Ester sei verace:
tutti Tuoi figli siamo! 
II – Della colomba avanza
il simbolo che porti:
Arca dell’Alleanza,
Tu aiuti, Tu conforti. (Ritornello)

III – Dispensa della pace,
del mar stella lucente,
l’Eterno si compiace
di Te casta e innocente. (Ritornello)

IV – Del nostro San Martino
Tu sei sicura guida,
felice è il cittadino:
viva chi a Te s’affida! (Ritornello)

Finalino:
Tu l’Ester Sei verace:
tutti Tuoi figli siamo!

Oggi il mondo ha urgente bisogno di pace. Senza questo dono celeste, ogni altra cosa è vana.
Ben lo sapeva il Sommo Poeta che si è servito della delicata sensibilità femminile di Francesca da Rimini per esprimere il suo profondo desiderio:

“Se fosse amico il re dell’universo,
noi pregheremmo lui della tua pace,
poi ch’hai pietà del nostro mal perverso”. (Inf. V, 91-93).

La pace nasce però dalla giustizia. Non si tratta di concetti astratti, entrambi i valori sono insiti nel cuore di ogni individuo. Tutti siamo chiamati a vivere nella giustizia e ad operare per la pace.
Lo ha ribadito il 28 luglio 2002 il Beato Giovanni Paolo II, nell’esortare i numerosi giovani convenuti a Toronto: «Quello che voi erediterete è un mondo che ha un disperato bisogno di un rinnovato senso di fratellanza e di solidarietà umana. È un mondo che necessita di essere toccato e guarito dalla bellezza e dalla ricchezza dell’amore di Dio. “Il mondo odierno ha bisogno di testimoni di quell’amore”. Ha bisogno che voi siate il sale della terra e la luce del mondo. Il mondo ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di sale, voi come “sale della Terra e luce del mondo”».
La devozione di Papa Wojtyla per la Madonna era espressa dal motto: «Totus Tuus ego sum, Maria, et omnia mea tua sunt!».
La bellezza e l’armonia che il Creatore ha impresse al mondo non sono che un’espressione della Sua libertà e del Suo immenso amore.

http://approdonews.it/giornale/?p=229447

lunedì 18 luglio 2016

Alla scoperta di S. Giorgio Morgeto



REGGIO CALABRIA
Viaggio alla scoperta di S. Giorgio Morgeto Continua il tour di Approdonews tra i paesi della Piana di Gioia Tauro

redazione  -  Il 18 luglio 2016
di Domenico Caruso

Un po’ di storia
San Giorgio, alle falde del contrafforte che unisce le Serre all’Aspromonte, immerso nel verde degli agrumi e degli ulivi, anfiteatro naturale della Piana di Gioia Tauro, fa da sfondo alla depressione geologica del periodo pliocenico.
La sua storia rientra nel mito: secondo la tradizione, il paese sarebbe stato fondato nel 2349 a.C. dal Re “Morgete” figlio di Italo – della stirpe degli Enotri – dal quale prese il nome.  Di certo esso è preesistente alla Magna Grecia.
Dalle fonti storiche e dai reperti archeologici, nel V-IV sec. a.C.  “Morgetum” figura tra le 18 colonie della Repubblica locrese; alla dominazione di questa seguono quella romana e la normanna.
Nel 900 i Padri Basiliani, dopo la conversione del popolo al Cristianesimo, edificarono un Monastero sotto l’invocazione di S. Giorgio di Cappadocia trasferendone anche il culto. Così, nel 1075, “Morgeto” divenne “S. Giorgio”, ritenendo che il martire avrebbe salvato il paese dall’incursione dei Saraceni.  Ruggero il Normanno concesse il feudo ai monaci basiliani e quindi, di volta in volta, S. Giorgio passò ai vari signori che l’ampliarono e incrementarono l’economia e la cultura. Nel Medioevo la baronia passò ai Caracciolo di Gerace (1350), ai Correale (1458), a Consalvo di Cordova e alla famiglia Milano (1501) che la detenne oltre tre secoli fino al 1806. Alla fine del 600 la sede dei Milano venne fissata a Polistena. L’incremento demografico dimostra l’assenza del fenomeno migratorio; nel 1561 – infatti – il paese registrava n. 1056 fuochi (nuclei di 5/6 persone).
La produzione di cereali, il gelso e la seta rappresentavano la ricchezza.
G. Pensabene (v. Dizionario Etimologico – DES), dopo aver fatto presente che fino al 1864 era semplicemente S. Giorgio, sostiene che «Morgeto non ha nulla degli abitanti Morgeti o del loro re ma si riferisce al Moro fortezza diventata popolarmente “moroculetum”, zona fortificata. Il castello, infatti, è fuori e sopra l’odierno abitato».
Quest’ultimo, risalente al IX-X secolo a.C., fece parte del sistema di difesa durante la Guerra del Vespro. Nel 1811 S. Giorgio fu elevato a Comune nel Circondario di Polistena; con la restaurazione borbonica fece parte del Distretto di Palmi e nel 1891 contava 5000 abitanti. Nel 1864, con decreto del Re Vittorio Emanuele II, al nome fu aggiunto “Morgeto”. I vari terremoti, in particolare “Il Flagello” del 1783, sconvolsero l’importante centro.
L’economia del paese si basa sull’agricoltura. L’ulivo e gli agrumi costituiscono la maggiore ricchezza. E’ nota la produzione dei liquori e dei profumi tradizionali (come l’acqua di colonia “Calabresella”) ricavati dal bergamotto. Fiorente, specialmente in passato, risulta la lavorazione di ceste con il legno di castagno, che si tramanda fra le generazioni.
Chiese, feste religiose e manifestazioni
Oltre agli interessanti palazzi nobiliari, con portali di granito e balconi in ferro battuto di tipo settecentesco napoletano, sono numerosi i luoghi di culto:
1 – “Convento dei Domenicani” di origine bizantina, con annessa la “Chiesa dell’Annunziata” (del 1383) che custodisce – fra l’altro – un gruppo ligneo settecentesco dello scultore Scrivo riproducente la S. Vergine.
Con la legge eversiva della feudalità (1806), il 7 agosto 1809 il Convento fu soppresso e venne ripristinato dieci anni dopo. Nel cenobio fece i primi studi e pronunciò i voti a 15 anni il filosofo e teologo Tommaso Campanella (1568-1639).
2 – “Chiesa Matrice dell’Assunta” che conserva le statue lignee di scuola napoletana dei compatroni S. Giorgio e S. Giacomo, un crocifisso ligneo e un altare maggiore in marmi policromi del ’700, due tele del polistenese F. Morani riproducenti scene evangeliche. Nella parete esterna della Chiesa vi è la “Pietra Santa” con l’incisione di una croce, elemento di antico culto come si può notare dal consumo della stessa dovuto al bacio dei fedeli.
3 – “Chiesa di S. Antonio di Padova”, ricostruita dopo il terremoto del 1783 che, oltre al simulacro del Santo sull’altare, conserva le statue di S. Domenico, S. Francesco, S. Giovanni Apostolo e Gesù Cristo (in legno).
Vi sono ancora le Cappelle della “Madonna del Carmine” con relativo olio su tela, della “Madonna della Pietà” con statua della titolare e di “S. Giovanni” con effigie dello stesso.
Festività religiose
San Giorgio martire (23 aprile) – Celebrazioni religiose e musica dal vivo in piazza. Il Comune ha aderito alla giornata mondiale del libro.
San Giovanni (24 giugno) – Rito religioso.
San Giacomo Apostolo e Giorgio martire (ultima domenica di luglio) – Rito religioso e fiera.
Madonna della Montagna (I domenica di settembre) – Festeggiamenti civili e religiosi.
Nel periodo Pasquale – I riti tradizionali della Settimana Santa e l’Affrontata. 
Il Presepe artistico animato, allestito dagli artigiano del luogo per il periodo natalizio, richiama ogni anno una moltitudine di visitatori.
Meritano, ancora, una particolare attenzione:
La Fontana monumentale a forma ottagonale costruita in blocchi di pietra granitica, rimaneggiata in stile barocco e detta anche delle “quattro fontane”, fra le più importanti della Regione per pregio storico e artistico. La Venere, in marmo bianco, posta nella sommità è di origine greca.
Il Castello normanno-svevo
Edificato sulla cima di un’altura rocciosa, più volte ripreso ed ampliato nell’XI secolo dai Normanni, subì nel tempo vari cambiamenti fino a venire abbandonato nel XVI secolo. Di esso rimane il rudere principale, il mastio.
Attorno alle sue mura si tramandano visioni e leggende, come quelle della chioccia e dei pulcini d’oro, di Re Morgete e delle Jovisse.
La leggenda della chioccia e dei pulcini d’oro, definita “plutonica” come tutte le altre riguardanti l’esistenza di tesori nascosti, è presente negli antichi castelli di S. Martino e di S. Giorgio Morgeto della nostra provincia.
Da fanciullo l’ho appresa da nonna Annunziata (proprietaria del terreno su cui sorgeva l’antico Castello di S. Martino, poi passato in eredità a mia madre che l’ha venduto ad una sorella).
La chioccia e i suoi pulcini d’oro si nasconderebbero dietro un grande masso accanto alla storica fortezza. Si farebbero vedere soltanto agli occhi dei semplici e in circostanze eccezionali, solitamente a mezzodì esatto o nel cuore della notte. Per afferrarli sarebbe stato necessario adempiere un rito complesso, ma il fortunato possessore da lì a poco sarebbe morto. Per tale motivo i pennuti si troverebbero ancora lì, in attesa che qualche temerario osi catturarli.
Analoga dovrebbe essere la leggenda della chioccia e dei pulcini di S. Giorgio, che la gente immaginava si aggirassero attorno al loro Castello. La felicità, per i diseredati, viene espressa e confusa con la ricchezza e con l’oro di cui avrebbero tanto bisogno.
Durante il paganesimo si consultavano gli Dei per una previsione e si è fatto di “Re Morgete” un dio dispensatore di oracoli. Questi, al lume di fiaccole o della luna piena, tra le mura del Castello poteva manifestare le sue visioni notturne da interpretare.
Anche le “Jovisse”, leggiadre figlie di Giove, potevano vedersi aggirare, specialmente dalle donne, per le stanze dell’antico maniero.
Fra le curiosità di S. Giorgio ricordiamo il vicolo più stretto d’Italia, il “Passetto del Re” di soli cm. 40 di larghezza: sarebbe servito come una via di fuga per Morgete nel caso di invasione della fortezza.
Personaggi principali
“Francesco Florimo” (1800-1888) – Musicista e direttore d’orchestra. Per la sua attività artistica e sociale ottenne diverse onorificenze, come quella di Grande Ufficiale della Corona d’Italia. A lui fu dedicata la storica banda musicale del paese, fondata nel 1800.
“Fortunato Longo” (1884-1957) – Scultore. Fra le tante opere, ha creato il Monumento ai Caduti di Jatrinoli (1928).  Carico di pathos è pure quello esposto ai margini del Castello di S. Giorgio per onorare i soldati della prima Guerra mondiale. Longo non era di Cinquefrondi (come qualcuno afferma) e dagli zii materni Francesco e Vincenzo Jerace di Polistena aveva ricevuto il primo avviamento nel mondo dell’arte. A Roma, quindi, rivelò le sue doti che Guerrisi affermò con la sua autorevolezza.
Termino con una considerazione:
Il bisogno di protezione nella cultura popolare si esprime con la devozione verso un Santo. Pertanto, sono numerosi i fedeli che – tra il sacro e il profano – ogni anno si recano a S. Giorgio per ringraziare l’omonimo Santo della sua protezione e nello stesso tempo assaporare la cucina contadina e i dolci tipici locali, dissetandosi alle salutari sorgenti d’acqua prima di abbandonare il pittoresco paese.

http://approdonews.it/giornale/?p=228308