domenica 4 settembre 2011

Devozione a Maria nella Piana di Gioia Tauro

 L'ambizione di paragonarsi a Dio fu causa del primo peccato di superbia e disobbedienza. Adamo, richiamato alla sua responsabilità, accusò la compagna con parole di rimprovero: «La donna che tu hai messo vicino a me, mi ha dato dell'albero, e io ho mangiato» (Gn 3, 12).
 Accade tuttora che, posto dinanzi al proprio errore, l'uomo senza generosità cerchi di gettare sugli altri ogni colpa. Da Adamo ad Eva e da questa al serpente il passo è breve. Sull'ingannatore padre della menzogna, si abbatté - quindi -implacabile la condanna del Signore: «Perché hai fatto questo, / maledetto sii tu fra tutto il bestiame […] Io porrò ostilità tra te e la donna, / tra la tua stirpe e la sua stirpe: / essa ti schiaccerà la testa / e tu la assalirai al tallone» (Gn 3, 14-15).
 Queste parole del Protovangelo annunciano, fin dalla creazione, la salvezza del genere umano per mezzo di Maria Immacolata.
 «Sotto il nome della donna si congiungono le due figure femminili di Eva e di Maria: Maria assume in se stessa il mistero della donna, il cui inizio è Eva. Ed Eva riscopre in Maria il significato dell'umanità femminile, riscopre la dignità e la vocazione della donna come Dio la volle al principio».[1]
 Se la caduta fu imputabile all'orgoglio della prima donna, dall'umiltà dell'altra si riparò il peccato: «Ecco la serva del Signore; (rivolta all'angelo) si faccia di me come hai detto tu» (Lc 1, 38).
 Con la lettera apostolica Mulieris dignitatem, che reca la data del 15 agosto 1988, giorno conclusivo dell'anno mariano, Giovanni Paolo II riconosce  e proclama la parità di diritti dell'uomo e della donna.
 Ci sono luoghi e culture dove la discriminazione e la sottovalutazione femminile rappresentano ancora un triste retaggio: dinanzi a tali gravi fenomeni l'impegno dei cristiani dev'essere vigile e coraggioso.
 All'epoca di Gesù la società presentava una struttura patriarcale: le donne non potevano partecipare alla vita pubblica, tantomeno prendere parte attiva al culto.
 Nel Tempio veniva loro riservato il vestibolo, col divieto di sorpasso, ed uscendo di casa avevano l'obbligo di coprirsi il viso. Era diritto del marito di ripudiare la moglie qualora venisse sorpresa senza l'acconciatura.
 Lo storico Giuseppe Flavio (37-103 d.C.) sottolinea con una frase della Legge l'iniqua condizione: «La donna  è inferiore all'uomo in ogni cosa».
 Nel Nuovo Testamento Gesù attua un vera liberazione, come dimostra il fatto che un gruppo di donne l'abbia costantemente seguito. Egli è amico di Maria e di Marta; saranno le donne a rimanergli accanto nel momento della sua passione e morte; sempre le stesse a testimoniarne la risurrezione quando gli altri discepoli si dilegueranno per la paura.
 Nel 1964 Paolo VI, nel promulgare il documento conciliare Lumen Gentium, proclamò Maria Madre della Chiesa. Come Ella abbia esercitato questa mansione per amore di tutte le creature viene illustrato dall'episodio delle nozze di Cana, dove per aiutare gli sposi si rivolge a Gesù con le parole non hanno più vino - quasi a porre l'accento su quanti avrebbero potuto rattristarsi per il contrattempo. Il Figlio senza respingere la richiesta, vuole educare la Madre al suo nuovo ruolo: «Che vuoi da me, o donna?» (Gv 2, 4). E Maria dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». La mediazione materna ha un carattere di intercessione. Da Cana al Calvario, Maria è sempre attenta ai bisogni degli uomini, sempre amorevole Madre della Chiesa.
 «Per la sua piena adesione alla volontà del Padre, all'opera redentrice del suo Figlio, ad ogni mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il modello della fede e della carità per la Chiesa». Ed ancora:  «Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1, 48). «La pietà della Chiesa verso la Santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano».[2]
 Per il popolo Maria costituisce una presenza viva e misericordiosa, sempre pronta a rispondere ai bisogni concreti di ognuno. Come una madre affettuosa, avverte la nostra pur segreta disperazione, avendo sofferto durante la sua esperienza terrena per la crudele sorte del Figlio diletto.
 Anche la preghiera popolare, comunitaria senza il carisma dell'ufficialità, spontanea e insistente, esprime la certezza che la nostra richiesta non viene delusa. Durante le manifestazioni che coinvolgono un intero paese per mezzo di processioni, drammi rituali e momenti corali di esultanza, si rinsaldano i vincoli di socializzazione conquistati dalla tradizione.
 La visita ai santuari, gli ex-voto, la diffusione di qualche effigie nelle abitazioni, i canti sinceri e suggestivi testimoniano come la devozione di Maria faccia parte della nostra quotidianità.
 Nella molteplicità di titoli vi è un'identica realtà: la Madonna, ponte fra cielo e terra, creatura a noi vicina con la quale poter instaurare un legame filiale fattivo e sincero. Le forme espressive di pietà popolare sono portatrici di valori creativi e mezzi d'incontro spirituale con la Madre Celeste.
 Il pellegrinaggio, considerato dalla Chiesa espressione legittima di fede, è il simbolo della condizione itinerante del cristiano. Il desiderio di un incontro più diretto con il divino si risolve spesso con una guarigione spirituale e un'apertura verso il prossimo. Nelle diverse località della Piana di Gioia Tauro, la Vergine Maria occupa un ruolo di prim'ordine nella devozione popolare. Parecchi figurano anche i Santuari frequentati dai fedeli. Appena fuori dall'abitato di Molochio vi è  Santa Maria di Lourdes, ad Oppido Mamertina ed a Sinopoli Maria SS. delle Grazie, a Palmi la Vergine del Carmine, a S. Procopio la Madonna degli Afflitti, a Seminara la Madonna dei Poveri. Non meno importanti si rivelano le altre Chiese intitolate alla Divina Madre. Le più numerose sono dedicate alla Madonna del Carmine ed a quella del Rosario; seguono l'Assunta, le Grazie e l'Immacolata; quindi l'Addolorata, Santa Maria degli Angeli, l'Annunziata, la Catena e la Montagna. Nell'impossibilità di riportare la storia di ognuna,  mi limiterò a quelle di Taurianova, Palmi e Seminara. La prodigiosa effigie di Maria SS. della Montagna, Patrona di Taurianova, fu ordinata nel 1787 per sciogliere un voto da un certo don Vincenzo Sofia - benestante del luogo -  a Michele Salerno di Serra San Bruno con bottega a Napoli. Sistemata - quindi - dentro una cassa sopra un bastimento in partenza per Gioia Tauro, nel golfo di Salerno fu colta da una violenta tempesta. Vani furono i tentativi dei marinai, ignari del prezioso contenuto, di sbarazzarsi del carico per alleggerire la nave ed evitare di andare a fondo.
 Nel contempo un marinaio scorse, alta sul ponte, una signora con le braccia alzate nell'atto di placare gli elementi. Cessate le onde e arrivati a Gioia Tauro, dove il Sofia l'attendeva, la cassa fu aperta. Incredibile ma vero, quel marinaio riconobbe nella statua della Madonna la signora intravista sul ponte!
 Fu così che i cittadini di Radicena (ora Taurianova)  sentirono la necessità di sostituire la miracolosa immagine con quella più antica offerta e importata da Capistrano nel 1763 dall'Arciprete Don Domenico Antonio Zerbi.
 Il 9 settembre 1894 si verificò un nuovo prodigio: si videro gli occhi di Maria muoversi con singolare vivacità. Era stato deciso - allora - di portare la statua in solenne processione per le vie cittadine quando, in mezzo alla luna alta nel cielo, apparve una grande croce luminosa - come accadde a Costantino prima della battaglia sul Ponte Milvio. Ciò rappresentava un segno eloquente della protezione divina dai disastri tellurici che da lì a poco si sarebbero verificati.
 A Palmi l'ultima domenica di agosto (o il sabato precedente la Festa della Varia)  si rinnova il culto della patrona, la Madonna della Sacra Lettera.  Si tramanda che nel 1571, a causa di una terribile pestilenza, molti messinesi trovarono scampo nel centro pianigiano e gli stessi palmesi accorsero nell'isola con viveri e medicinali. Cessato il pericolo, come segno di gratitudine il Senato di Messina fece dono ai marinai palmesi di uno dei tre capelli che la Beata Vergine aveva regalato nel 42 d.C. ai propri ambasciatori insieme alla lettera. La reliquia, racchiusa in un reliquiario d'argento, viene portata in processione unitamente al quadro della Madonna.
 Per un antico privilegio, il trasporto è affidato ai marinai della Confraternita del Soccorso i quali procedono con un caratteristico passo di danza, a ricordo del mare agitato che i palmesi incontrarono nel ricevere il prezioso dono.
 A Seminara - infine - si conserva la più antica scultura lignea del Meridione, la Madonna Nera dei Poveri. Portata in Occidente dai monaci bizantini nell'ottavo secolo, fino al 951 fu venerata a Tauriana. Dopo la distruzione della città magnogreca dai pirati agareni, l'immagine trovò la sua collocazione a Seminara. Il primo documento ufficiale dell'evento risale al 1325. La Santa Vergine, alta 92 cm. tiene sul braccio destro un bambino e poggia su un trono laminato in oro. Salvata due volte, nel 1783 e nel 1908, dai terremoti che distrussero la città, ricevette la visita di re e imperatori come il normanno Ruggero II, Ferdinando II di Spagna e Carlo V. Dal 10 al 15 agosto di ogni anno migliaia di pellegrini giungono da ogni parte per rendere omaggio alla prodigiosa immagine.
 Diverse leggende tramandano il suo ritrovamento a Tauriana, dov'era stata nascosta per sfuggire alle feroci milizie musulmane. In una di queste storie si narra che, durante la settimana santa, alcuni cittadini di Seminara erano intenti a raccogliere erbe selvatiche nella campagna circostante quando rinvennero la statua della Madonna. Avvisarono dell'evento i loro concittadini, i quali inviarono sul posto i più notabili del luogo a prelevarla. Ma il simulacro si rivelò tanto pesante da non potersi sollevare. Tentarono l'impresa i più umili (i poveri) e  la statua, divenuta miracolosamente leggera, fu portata a Seminara.
 Due altre Madonne Nere sono celebri in Italia, quelle di Oropa e di Tindari.
 Pertanto, è un nostro vanto possedere un simulacro così straordinario.

 (L'argomento è stato trattato da Domenico Caruso nella rivista "La Piana" di Palmi (R.C.) - Anno X n. 8 - Agosto 2011).



[1] Dionigi Tettamanzi, «Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente» - Meditando con il Papa la Mulieris dignitatem - Ed. Ancora - MI, 1988.
[2] Catechismo della Chiesa Cattolica - Libreria Editrice Vaticana - Città del Vaticano, 1992 - nn.967 e 971.

venerdì 2 settembre 2011

Natuzza Evolo e l'Aldilà

                                                     
 Dopo quattro lustri[1] il problema della sopravvivenza, da me trattato, è ancora di grande attualità in quanto l'uomo cerca sempre di procrastinare il timore della morte. Gli episodi delittuosi che si succedono a ritmo incalzante hanno riacceso il dialogo sul senso della nostra vita sulla Terra e sull'apparente silenzio di Dio.
 In una storia zen la piccola onda si lamenta della sua instabilità con le sorelle maggiori che hanno il potere di sopraffarla al primo soffio di vento. Sente che non sia giusto dipendere dalle condizioni meteorologiche. Le congiunte la confortano richiamandosi alla loro forma originale, costituendo tutte soltanto una parte dell'elemento più vasto, l'acqua. L'attaccamento a sé è causa della sofferenza: così anche noi, dovremmo considerare la nostra appartenenza all'immensità della natura. Lo studioso francese Andre Dumas, all'undicesimo convegno nazionale di parapsicologia di Camerino (1986), ha riportato l'affermazione del celebre filosofo e psicologo americano William James:
 «Da tutta la mia esperienza emerge una sola conclusione, solida come un dogma: noi, con le nostre esistenze, siamo come isole in mezzo al mare o degli alberi nella foresta. L'acero e il pino possono scambiarsi i loro mormorii attraverso  le foglie. Conanicut e Newport possono ascoltare la sirena d'allarme l'uno dell'altro. Ma gli alberi mischiano anche le loro radici nell'oscurità del sottosuolo e le isole si congiungono in fondo all'oceano. Allo stesso modo esiste una continuità di coscienza cosmica contro cui la nostra individualità frappone soltanto occasionali ostacoli; i nostri spiriti vi sono immersi come in una soluzione cristallizzata o in serbatoio».[2]
 Nel Suo testamento spirituale, il Sermone delle Beatitudini, «Cristo ha immaginato la vita umana, nella prospettiva del regno dei cieli, come un itinerario attraverso sentieri di altissima montagna. Lui è la guida e sulle pareti scivolose apre camminamenti nuovi da percorrere in cordata».[3]
 La salvezza è riservata ai mansueti, agli afflitti, a chi ha sete di giustizia e ai misericordiosi.
 La dottrina evangelica è comprovata dai miracoli: numerosi morti sono richiamati in vita, i ciechi riacquistano la vista e i muti la parola. Così, una volta giunto nella casa di Giairo, Gesù ordina alle persone in lacrime: «Non piangete; la fanciulla non è morta, ma dorme».
 Nel caso di Lazzaro, da quattro giorni nella tomba, il Maestro assicura i discepoli: «Lazzaro, l'amico nostro, dorme; ma vado a svegliarlo».
 Cristo stesso suggella il suo insegnamento risorgendo dalla Morte.
 Se per il credente l'esistenza di un'altra vita è avvalorata dalla Fede, per altri c'è il rischio di perdersi in un dedalo buio senza possibilità di salvezza.
 Un sublime insegnamento e un luminoso esempio ci sono pervenuti da Natuzza Evolo, l'umile mistica di Paravati (VV), tornata alla Casa del Padre il giorno di Ognissanti del 2009. Definita la "radio dell'Aldilà", ha incarnato i più clamorosi fenomeni paranormali: bilocazione (OBE), sudorazioni ematiche, stigmate, visione di santi e di defunti, chiaroveggenza, stato di "trance" e manifestazione di lingue diverse.
 La bilocazione consiste nella presenza contemporanea di una persona in luoghi diversi. Gli esperti la definiscono anche "esperienza extracorporea" o "proiezione astrale". Ad esempio, l'agiografia cattolica narra di S. Antonio da Padova che il giovedì santo del 1226 avrebbe celebrato la Santa Messa nello stesso tempo sia nella cattedrale presso Limoges che in un convento della stessa città. Sant'Alfonso de' Liguori avrebbe assistito Clemente XIV in punto di morte senza muoversi dalla sua diocesi di Arienzo.
 Nel nostro tempo, Padre Pio visitava in spirito le persone che il Signore le affidava. Allo stesso modo, come riferisce il prof. Marinelli: «Centinaia di persone hanno avuto la netta impressione di aver visto Natuzza nella loro casa, o in ambienti esterni, e di averla poi vista scomparire improvvisamente». La bilocazione, come ha testimoniato la stessa mistica, non avveniva mai di sua spontanea volontà, ad eccezione di qualche caso. Si presentavano dei defunti o degli angeli e accompagnavano la donna nei luoghi dov'era necessaria la sua presenza. Alcune volte ha trasportato anche degli oggetti, come nel caso del suo foulard dimenticato a casa Giampà a Catanzaro e riportato a Paravati.
 L'incontro con i defunti ha caratterizzato l'esistenza della Evolo.
 Tutto è cominciato quand'era bambina in casa dell'avvocato Silvio Colloca. Entrata ad ordinare la camera dei bambini aveva trovato seduti sui letti tre individui. All'invito di uscire perché ivi non c'era il professionista, gli sconosciuti si erano rivelati dei defunti giunti a parlare con lei. Spaventata, è fuggita impaurita. Ma le visioni dei morti si sono ripetute al punto da farla esorcizzare, senza riscontrarvi - peraltro - alcuno spirito maligno. La mistica, per tutta la vita, ha parlato con gli angeli.
 A differenza dei demoni, questi esseri celesti sono rimasti fedeli a Dio.
 La Bibbia ci ha rivelato che sono molto intelligenti e che posseggono una propria personalità. Conosciamo soltanto i nomi dei tre Arcangeli: Gabriele, Raffaele e Michele. Quest'ultimo, principe dei cherubini, è stato il protettore di Natuzza. Ad ogni essere umano, fin dalla nascita, Dio affida un angelo custode affinché l'aiuti nelle difficoltà e l'orienti verso il bene senza mai lederne la libertà. Natuzza ha sostenuto di vedere solitamente gli angeli come meravigliosi bambini di dieci anni, senza le ali, sollevati da terra e pieni di luce.
 Col permesso del Signore, la mistica ha osservato l'angelo custode col vestito aureo, azzurro o bianco a destra di ciascuna persona. Quello dei sacerdoti stava a sinistra perché, essendo ministri di Dio i religiosi vengono considerati superiori agli angeli come ministri, pur essendo imperfetti come uomini.
 Il dialogo dei defunti con Natuzza era perfettamente in linea con gli insegnamenti della Chiesa, tanto da non essere vietato dalla dottrina cattolica come di norma avviene.
 La Evolo non ha mai "evocato" i trapassati, ma sono state le anime purganti a mettersi in contatto con i viventi oppure a chiedere suffragi. «Nella comunione dei santi "tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni". In questo ammirabile scambio, la santità dell'uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell'uno ha potuto causare agli altri. […]».[4]
 Gli insegnamenti provenienti dai giusti rappresentano una sicura via di salvezza: «Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perderà l'anima sua?» (Mt, XVI, 26).
 In un colloquio del 15 agosto 1991, la Madonna ha confidato a Natuzza: «Sapete cos'è la vita? E' come un soffio di vento! Ad ogni minima cosa vi fate vittime per giustificarvi, ma non è questo che vuole il Signore: la giustificazione. Le vere vittime non si lamentano: soffrono e offrono. Dovete pregare e chiedere perdono ed amare il vostro prossimo. Se volete la salvezza dell'anima - perché Gesù per questo è angosciato che siete accecati dal denaro e dai piaceri - pregate e amate il prossimo […] Non aprite la bocca per ferire i vostri fratelli, ma apritela solo per consolarli e per dare gloria a Dio».[5]
 Esistono l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. «Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, "il fuoco eterno"».[6]  
 Si aiutano i trapassati con comunioni, digiuni, elemosine e preghiere. I defunti, che non possono pregare per loro stessi, ricambiano le nostre suppliche.
 Ad esempio, nel messaggio del 12 ottobre 1969 Gesù ha detto a Natuzza: «[…] Il 23 con la tua sofferenza hai salvato settanta anime; il 3 ne hai salvate cento; il 7 e l'8 ne hai salvato duecento e se non avessi avuto ribellione nel cuore avresti potuto salvarne di più. Se avessi trovato altre anime che si offrissero vittime come te, io soffrirei di meno».[7]
 Nel 1944, all’apparire della Madonna nella sua modesta abitazione, Natuzza si è scusata di non poterla ricevere in una più degna dimora. Ma la Divina Madre le ha annunciato che un giorno ci sarebbe stata una nuova e grande chiesa che si sarebbe chiamata: Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle anime e una Casa per giovani ed anziani bisognosi. Quell’ora tanto sognata è giunta nel 1986 ed è ormai una meravigliosa realtà. Nella cappella della Fondazione, divenuta meta di pellegrini e di fedeli, riposano pure le spoglie terrene della mistica.
 Un altro ambizioso progetto è la Villa della Gioia dove c’è già il Centro per anziani e dove sorgeranno altre indispensabili istituzioni a sollievo dei malati terminali con annesso un villaggio per ospitare i loro familiari.
 Per molto tempo centinaia di persone, bisognose di un incontro con Natuzza, si sono rivolte a me dopo aver letto su Internet la mia testimonianza.
 Ecco perché, al momento del trapasso, ho voluto anch'io così esprimere la mia riconoscenza  

 A Natuzza Evolo:
 
 Volgi su noi lo sguardo, mamma cara,
che pur vermi di terra ci sentiamo,
la vita è sempre un’esperienza amara
se nel Signore non ci confidiamo.

 Serva di Dio tu sei e fonte chiara
di bene, di preghiera, di richiamo:
Natuzza, ora dal Cielo ci aspettiamo
la grazia della pace così rara.

 Felice con la Vergine Maria
e con Gesù da te sofferto e amato
or ti vediamo in sì beato loco.

 Mostra a noi tutti la diritta via
che ci preservi da grave peccato
e il cor c’infiammi del divino fuoco.

 (L'argomento è stato trattato da Domenico Caruso nella rivista "La Piana" - Anno IX n. 12 - Dicembre 2010).






[1] Cfr. "Il nuovo provinciale": "Morte e Sopravvivenza - Comunicare con l'Aldilà" - Rosarno - 29/6 - 5/7/1991.
[2] Domenico Caruso, Parapsicologia Oggi - "Nel Mondo del Mistero" - Centro Studi "S. Martino" - S. Martino (R.C.), 1987.
[3] Carlo Cremona, "Vita di Cristo" - Rusconi, MI - 1995.
[4] "Catechismo della Chiesa Cattolica" - ( al n. 1035) - Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano - 1992.
[5] "Incontrare Natuzza" - Edizioni Mapograf  - VV, 1992.
[6] "Catechismo della Chiesa Cattolica" - ( al n. 1475).
[7] "Incontrare Natuzza" - op. citata.




L'addio dell'emigrante


        L’addio dell’emigrante

 E’ giunta l’ora di dover partire
da te, diletto, semplice paese:
è tanto lancinante il mio soffrire
che voglio un poco renderlo palese.

 Addio, chiesa amata; San Martino
e Tu Colomba Vergine Maria
nel cor per sempre avrete un posticino
perché facciate luce alla mia via!

 Ritornerà l’autunno, il nuovo vino,
la festa novembrina del Patrono,
prometterà il ciel d’esser turchino
e tutti aspetteran qualcosa in dono.

 Ma io sarò lontan da questa Terra,
separerà la patria il vasto mare,
avrò nel petto una crudele guerra
e il desiderio di poter tornare.

 Stan qui sepolti amici e familiari,
risiede qui la nostra brava gente,
i bimbi e i luoghi tutti mi son cari
perché stanno scolpiti nella mente.

 Un dolce pianto righerà il mio viso
quando mi pungerà la nostalgia
e non avrò la pace, né il sorriso,
finché non rivedrò l’Italia mia.

 (Da: Domenico Caruso, La Calabria e il suo poeta - (Premio “Era Lacinia”) - Ed. Ursini, CZ - Novembre 1978).

lunedì 22 agosto 2011

Riflessioni del nostro tempo

Il progresso tecnologico, purtroppo, non va di pari passo con quello spirituale.
Una volta, che le condizioni economiche della società erano precarie, le persone vivevano in armonia fra loro; ora che c’è il danaro non c’è più la pace!

In questa poesia dialettale, sono gli animali a giudicare l’uomo che ormai non può fare a meno della macchina.


A’ stada  (Nella stalla)

Trovandomi a passari di ‘na stada1,
(oh grandi rarità di lu dumila!),
‘nu ciùcciu ‘nci cuntava a ‘na cavada:
- Guarda chi novità portau la pila2,
non c’è vedanu, non c’è cchiù cotrada3
senza ‘na machineda mu si cila4!
Non passa tempu chi ‘sta genti pazza
scancellerà pe’ sempri ‘a nostra rrazza. -

La cavada a lu ciùcciu rispundìu:
- Lasciali fari, se non c’è progressu
comu la moda finirà a schifìu5;
tempu è chi l’omu rovinau se stessu.
Quandu di la saluti avrà disìu
s’accorgerà meschinu, quant’è fessu!
Debuli, ‘ngialinutu6 ed aggrancatu7
finu a ‘nu lettu poi sarà portatu. -



Sentiva ‘nu porcedu ‘sti paroli
e sospendìu di rusicari ‘a gghianda:
- Amici, pe’ la facci ‘i cu’ non voli
mi sentu friscu e sanu ‘i vanda ‘n vanda8,
eppuru non mi movu e sutta e moli9
mentu li petri, mentu puru ‘a landa10. -
E li cumpagni: - Senza malucori:
cu’ nasci porcu, sempri porcu mori! -


‘Na capra chi dormìa ‘nda stessa pàgghia
smettìu di rifumari11 e no’ capiva
pecchì lu ciucciu avìa tantu mu ràgghia
pe’ l’omu chi luntanu no’ sentiva:
- Se c’è cu’ voli ‘i cca mu si la squàgghia,
la porta è aperta - forti ripetiva.
‘Mmutiru sia lu ciucciu sia ‘a cavada,
ca non c’è mègghiu di la propria stada.

La vacca chi si sa oj12 faci tantu,
lu latti, li vitedi e lu formaggiu:
- Jeu - dissi - non mi lagnu e no’ mi vantu,
‘nda chista vita ‘nci voli coraggiu;
lu pòvaru se jè o no’ ‘nu santu
havi mu staci drittu e mu jè saggiu:
puru lu carru prima jeu tirava
e a vastunati l’omu mi pagava. -

Lu cunigghjedu13 chi mutu staciva,
sapendu ca cu troppu parla sgarra:
- E’ veru, non c’è mundu - ripetiva
-‘nci sunnu tanti chi vonnu la sciàrra14.
Quandu a spassu ‘na vota si nesciva
pe’ strati si sonava c’’a chitarra;
ora, tra mezzi e genti ‘i malaffari,
è propriu veru: non si po’ campari! -

Da: Domenico Caruso, La Calabria e il suo poeta (Premio Era Lacinia) - Ed. Ursini, CZ - Novembre 1978.
Note:
1) stalla; 2) denaro; 3) ragazza; 4) porta in giro; 5) schifezza; 6) pallido; 7) rattrappito;
8) da ogni parte; 9) molari; 10) latta; 11)ruminare; 12) oggi; 13) coniglietto; 14) lite.





domenica 21 agosto 2011

Benvenuti

Da oggi inizio a scrivere su Storia e Folklore Calabrese e su altri argomenti
di mio (e spero di vostro) interesse.



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